Gaetano Salvemini - Preludio alla Seconda guerra mondiale

Il Canale di Suez e il petrolio Il Comitato non prese mai in considerazione la chiusura del Canale di Suez, non perché "una misura cosi radicale avrebbe certamente provocato una guerra con l'Italia e magari anche una guerra mondiale" (V1LLARI, p. 113), ma perché già il 10 settembre quella sanzione era stata esplicitamente esclusa. Il Marchese di Vogiié, Presidente della Commissione finanziaria del Canale, dichiarò che provava "il piu cordiale sentimento di amicizia" per l'Italia e non ci sarebbe voluto meno che la forza della Gran Bretagna per impedire all'Italia di usare il Canale. 8 Il Rettore dell'Università di Edimburgo, Sir Thomas Holland, in un volumetto, T he Mineral Sanctions, pubblicato in luglio (Londra, Oliver e Boyd) e in una lettera al Times di Londra (27-VIII), elencò un certo nume– ro di merci (gomma, carbone, nichel, petrolio· e stagno) di cui l'Italia era priva e che avrebbero potuto esserle intercettate, paralizzando il suo sforzo -bellico. Il vantaggio di questi divieti risiedeva nel fatto che essi sarebbero stati imposti dai Governi che avevano aderito alla politica delle sanzioni, soltanto ai loro cittadini. Non ci sarebbe stato né blocco né altra complica– zione internazionale. Il petrolio era uno dei materiali strategici essenziali. La Germania non aveva petrolio da fornire a Mussolini. Tutti i campi di petrolio erano controllati dalla Gran Bretagna, Russia e le piccole potenze appartenenti alla Società delle Nazioni, e dagli Stati Uniti. Se la Società delle Nazioni metteva l'embargo sul petrolio e se gli Stati Uniti facevano altrettanto, Mussolini erà perduto. 9 Sir Thomas partiva dall'ipotesi che il Governo britannico facesse sul serio. Si sbagliava. Un giornalista inglese riferisce che "un membro emi– nente della delegazione inglese" gli disse a Ginevra nel settembre 1935: "È inutile nascondersi che, se le sanzioni riescono questa volta, saremo moralmente obbligati a ricorrere ad esse in casi analoghi in avvenire. 1110 Il Comitato cercò di giustificare l'opera propria affermando che l'" in– gegnosità di nazioni associate nel trovare surrogati di minerali per scopi di guerra è sorprendente"; "secondo certi calcoli, per esempio, l'Italia stava già aumentando la sua provvista di petrolio, almeno per il consumo inter– no, di quasi il 10% mediante una mistura di alcool tratto dal ·vino con ben– zina." Sir Thomas Holland rispose che l'Italia nei suoi cinque anni miglio– ri aveva prodotto meno dell'l % del suo fabbisogno di prodotti petroliferi; se a questo si aggiungeva il 10%, il 10% di questo 10% ammonterebbe all'l % circa. Ciò che occorreva all'Italia non era l'l % in piu di un qual– siasi minerale essenziale, ma molte volte la quantità normale. 11 8 VILLARI, p. 112. 9 Nel "New York Times" (16-X) Cortesi scrisse: "L'Italia produce viveri sufficienti per mantenersi in vita ed ha riserve in altri generi di prima necessità, eccettuato il petrolio, suffi– cienti per tirare avanti degli anni. Se l'Italia fosse posta su piede di guerra potrebbe, sia pure . naturalmente con grandi sacrifici, andare avanti quasi indefinitamente importando poco di tutto, eccettuato il petrolio. " 10 DELL, The Geneva Racket, p. 117. 11 The Mineral Sanctions, pp. 736, 738, 743-4. 497 33 teca Gino Bianco

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