Gaetano Salvemini - Preludio alla Seconda guerra mondiale

Il Canale di Suez e il petrolio fosse contentare qualche lega per la protezione degli animali anzi che cer– care i mezzi per impedire o arrestare una guerra. Col concentrare la loro attenzione specialmente sulle possibili sofferenze della popolazione civile nello Stato aggressore, dimenticavano le maggiori sofferenze che si sarebbe– ro inflitte in caso di guerra alla stessa popolazione, e ai combattenti, e ai civili di tutti i paesi belligeranti, specialmente nei territori dove si sareb– bero svolte le operazioni militari. Ricevuta questa relazione il Comitato, che doveva definire le sanzioni, dette istruzioni al suo presidente di nominare un'altra sottocommissione per studiare la questione dei prodotti-chiave necessari per la fabbricazione delle armi; la sua opera doveva essere compiuta entro il 30 novembre. Siffatta pletora di commissioni non era fatta per scoraggiare Mussolini. 1 Dopo che la guerra era cominciata nell'Africa Orientale, l'ora delle . . ' sanzioni scocco . . Ma in Francia il movimento pacifista faceva strage di ogni buon senso. In un comizio della Confederazione Generale del Lavoro, tenuto a Parigi il 23 · settembre, il segretario generale, J ouhaux, dichiarò che "gli operai francesi, mentre insistevano che il loro Governo rimanesse fedele al Patto della Società delle Nazioni per mantenere la pace, non consentivano coi camerati inglesi nel domandare sanzioni militari." Fu applaudito. Nessuno gli domandò come era possibile mantenere la pace senza avere i mezzi coer– citivi per imporre la pace ai malintenzionati. Altri capi d'organizzazioni operaie parlarono contro le sanzioni militari, concludendo i discorsi col grido: "Noi non solo odiamo la guerra, ma odiamo tutte le guerre." An– ch'essi ricevettero ovazioni. Il corrispondente del Manchester Guardian (7-X) rifed che "bisognava ammettere che l'opinione pubblica in Francia, anche a sinistra, era in quel momento fortemente ostile all'applicazione di sanzioni navali contro l'Italia." Al Congresso del Partito radicale france– se, alcune settimane dopo, nessuno arrivò a domandare sanzioni militari: "il problema fu accuratamente evitato" (MG. 26-X). Minacciando la guer– ra e approfittando del fatto che molti lo ritenevano capace di qualunque aberrazione, il Duce era riuscito a domare in Francia tutti. La campagna, condotta dai suoi agenti, aveva creato l'unanimità contro le sanzioni militari. In Inghilterra, il Partito laburista era nella grande maggioranza favo– revole alle sanzioni anche militari. Come Churchill scrive: 1 Alla Camera dei Comuni, il 23 ottobre 1935, fedele alla tattica d'ignorare le accuse per le quali non aveva una risposta, Eden difese trionfalmente i signori di Ginevra contro l'ac• cusa che non avessero applicato sanzioni prima che . avesse inizio la guerra. Perciò gli fu facile affermare che, in base all'art. 15 del Patto, le sanzioni dovevano essere applicate soltanto dopo che la guerra fosse cominciata in violazione del Patto. La vera accusa invece era che un piano di sanzioni efficaci si sarebbe dovuto redigere prima che avesse inizio la guerra effettiva, in modo che si potessero imporre immediatamente. Il 24 febbraio 1936, alla Camera dei Comuni, Eden ritornò ad usare la stessa tecnica domandando ai suoi critici se le sanzioni avrebbero dovuto essere applicate prima che la guerra cominciasse. Il Manchester Guardian (25-II-36) rim– beccò che non era questa l'accusa. "L'accusa è che il nostro Governo si astenne dall'informare Mussolini che, se lui avesse fatto guerra violando il Patto, il Governo inglese avrebbe sostenuto attivamente l'applicazione dell'art. 16 (l'articolo delle 'sanzioni') contro di lui." 493 Bibloteca Gino Bianco

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