Gaetano Salvemini - Preludio alla Seconda guerra mondiale

Il principio della fine i partiti m questo paese che il riarmo è necessario per la difesa dei nostri vitali inte– ressi. Un nuovo lungo confine terrestre da difendere nel Sudan e sul Nilo superiore complicherebbe il nostro problema militare e in modo molto pericoloso, se la con– quista dell'Abissinia fosse cosf completa da dare all'Italia il piu bell'esercito negro del mondo. Lo scrittore concluse che la miglior soluzione della guerra italo-etio– pica sarebbe stata una partita patta. Il 20 settembre, Aloisi annunziò che "la situazione era diventata piu tesa per quanto riguardava l'atteggiamento inglese." La mattina del 23 set– tembre, Mussolini mandò ad Aloisi ordine di "astenersi dal prendere qua– lunque iniziativa." "A Roma," Aloisi commenta, "volevano la guerra, per– ché solo la guerra poteva creare un impero di natura eroica. 112 Aloisi nel 1946 ha documentato le sue affermazioni in una memoria Le mie attività a servizio della pace. Ma finché egli non pubblica piu che tre documenti del settembre 1935, non è possibile giudicare quanto real– mente egli abbia lavorato per la pace. Durante tutto l'affare etiopico, Aloi– si in pubblico ci appare come uno svergognato esecutore della politica ar– rogante e bellicosa mussoliniana. Dopo la caduta di Mussolini, tutti i suoi complici cercarono di presentarsi, non come suoi volontari collaboratori, ma come onesti funzionari che obbedivano ai suoi ordini mentre cercavano indarno di fargli veder ragione. Ad ogni modo sta il fatto che il Comitato dei Cinque produsse un ela– boratissimo progetto di collaborazione e assistenza, per l'Abissinia e di "rias– setti territoriali" tra Abissinia e Italia· (18 settembre). Nell'insieme era il progetto escogitato da Avenol nel luglio (vedi pp. 406, 407), e sviluppato du– rante la conferenza di Parigi nell'agosto. È inutile perder tempo ad analizzare quelle tremila parole alle quali si poteva far dire tutto o nulla.3 Madariaga, Presidente del Comitato, disse che quel progetto era "una cornice vuota in cui si poteva mettere qualun– que cosa si volesse." 4 Come osservò Eden il 22 settembre, la questione si riduceva in realtà a stabilire "la percentuale" che sarebbe stata assicura– ta all'Italia nell'opera di assistenza all'Etiopia sotto gli auspici della Socie– tà delle Nazioni. " 5 Questo significava che tutto dipendeva dalla buona o mala fede delle parti interessate e degli intermediari, e la malafede di que– sti ultimi non sarebbe mai venuta meno a Mussolini. Ma costui voleva la guerra senz'altro, e non fiumi di contestazioni. - Che guerra? - Che volesse guerra coll'Abissinia, non c'è dubbio. Ma vole- 2 Il Journal di Aloisi è molto sintetico. L'ultima frase qui riportata manca. [N.d.C.] 3 Si possono ammirare in HEALD: Documents: 1935, II, pp. 106-114. Alla Camera dei Co– muni, il 24 febbraio 1936, Eden ebbe la sfacciataggine di affermare: "Naturalmente non c'è alcuna cessione di territorio nelle proposte del Comitato dei Cinque." La verità era che nella relazione del Comitato si poteva leggere che i Governi britannico e francese erano disposti "a facilitare assestamenti territoriali tra Italia ed Etiopia" HEALD, p. 110) - assestamenti che non erano precisati, ma potevano andare molto lontano. 4 VILLARI, Storia diplomatica, p. 251. 6 Ibid., p. 146. Bibloteca Gino Bianco 483

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