Gaetano Salvemini - Preludio alla Seconda guerra mondiale

Entra in scena la flotta inglese tannici furono minacciati nel Mediterraneo dalla stampa italiana, Sir Sa– muel non aveva aspettato che· funzionasse il sistema della sicurezza collet– tiva: senza consultare nessuno, aveva ammassato duecento navi da guerra nel Mediterraneo. Poi aveva chiesto ai francesi di accorrere in aiuto della flotta britannica,6 e cosf deviare da sé l'ira di Mussolini, mentre egli (Hoa– re) continuava a far con lui all'amore. Lavai è stato condannato senza circostanze attenuanti per non aver ap– profittato della crisi italo-etiopica per vincolare Londra ad un'interpreta– zione del Patto conforme alle aspirazioni francesi. Conceden~o all'Italia nella politica francese una priorità del tutto ingiustificata sull'Inghilterra, sulla Piccola Intesa, sull'Intesa balcanica e sulla Russia sovietica, per non parlare della Società delle Nazioni, egli si lasciò sfuggire un'occasione . unica. Le dichiarazioni che si sarebbero potute ottenere dall'Inghilterra in quel momento, avrebbero tenuto in scacco il Pangermanesimo con la minaccia di un'automatica azione anglo-francese e con l'ammassamento di forze superiori. Invece Lavai disanimò la nuo– va risoluzione della Gran Bretagna nelle questioni internazionali e mise in moto una formidabile corrente di osti'lità contro la Francia. 7 La verità è che Sir Samuel Hoare non pensò mai ad incatenare la Gran Bretagna al sistema francese in cambio dell'appoggio che la Francia avesse dato alla Società delle Nazioni contro Mussolini. D' :iltra parte, nel pensiero di Lavai, probabilmente, rimaneva sem– pre un'idea comune a tutti i francesi. "Erano franchi nel dire che, quali che fossero i loro rapporti con l'Inghilterra, se scoppiavano le ostilità e la Francia fosse minacciata, l'Inghilterra doveva sempre nel suo interesse ve– nire in difesa della Francia. " 8 In vista di questo fatto vi era una certa pedanteria nell'insistenza di La– val per strappare una promessa superflua per una necessità che non era im– minente. E c'era un'egual dose di pedanteria nell'insistenza di Hoare nel ri– fiutare un intervento, che nell'interesse della Gran Bretagna non poteva essere negato. Eppure, c'erano le ragioni per questa duplice pedanteria. Essa serviva a Lavai per dimostrare ai francesi che non c'era ragione di sacrificare l'intesa con Mussolini per un accordo col Governo inglese, che non era si– curo. E serviva a Hoare per provare agli inglesi che era colpa di Lavai 6 MG., 23-XII-35: "Evidentemente noi prendemmo delle precauzioni navali contro i pe– ricoli che potevano nascere dall'atteggiamento di Mussolini, qualora in base al Patto venissero imposte delle sanzioni. Questo dal punto cli vista della Società. Ma senza dubbio fummo spinti anche da timori per la nostra posizione nel Mediterraneo, in Egitto e in Oriente. Quali che fossero i motivi, preferimmo agire da soli. Un po' piu tardi, quando venne il "panico" noi chiedemmo ai francesi cli assicurarci che essi sarebbero venuti in nostro aiuto, ma i francesi risposero, non oscuramente, ch'essi ci avrebbero aiutati, qualora il bisogno di aiuto fosse sorto in conseguenza di sanzioni societarie, ed essi fossero stati consultati da noi in precedenza. tt evidente che se la nostra azione fosse risultata da una politica societaria, avremmo dovuto consultare la Società fin dal principio e questo non lo facemmo. Noi cominciammo soli, poi ci ricordammo dei francesi" (corsivo mio). 7 PERTINAX, British vacillations, p, 592. • WILSON H., Diplomai between wars, p. 30.5. 475 Bibloteca Gino Bianco

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