Gaetano Salvemini - Preludio alla Seconda guerra mondiale

Preludio alla seconda guerra mondiale Qualcuno dice che egli appoggiava Sir Samuel Hoare e che il suo discorso signi– ficò "sanzioni se non riuscisse la conciliazione." Altri, altrettanto onesti, osservano che Laval si astenne con cura dal dire una sola parola sulle sanzioni. Sarebbe stato disastroso s~ Mussolini avesse adottato quest'ultima in– terpretazione. Non doveva esserci. dubbio su quanto si voleva dire. C'era anche un altro pericolo: "un tentativo da parte della Francia di vinco– lare la Gran Bretagna a impegni specifici per una futura azione in de– terminate ipotetiche questioni." Avrebbe la Gran Bretagna appoggiato la Francia nelle questioni dell'Austria, della Lituania, della Cecoslovacchia e che so io? Nessuno ha il diritto di chiedersi che cosa faremo in condizioni che non si sono mai presentate ... Noi dobbiamo giudicare ogni caso nel suo merito. Prendete il caso dell'Austria. Io non intendo avere un'altra guerra per l'Austria finché non saprò di che si tratta. In altre parole, mentre a Mussolini si doveva dire senza indugio che la guerra in Etiopia non doveva aver luogo, il Governo inglese non do_vevaaver fretta a decidere che cosa fare riguardo all'Austria, alla Litua– ma alla Cecoslovacchia "e che so io" - cioè Polonia e Russia. Il 25 settembre, Lloyd George tornò all'attacco: La Francia è esitante. Io sono fermamente d'avviso, per quanto speri di aver torto, che la Francia non ha mai inteso di applicare sanzioni che siano veramente effi– caci. Sarei l'ultimo a giudicare severamente la Francia, ma il suo atteggiamento è do– minato dalla paura della Germania. La Francia si preoccupa al massimo grado di non attaccar lite con alcuno che sia disposto a venire in suo aiuto. Mi par chiaro che la Francia è disposta a non imporre che miti sanz1om economiche e finanziarie. Ma que– ste non servirebbero a niente. 11 È impossibile stabilire in quali proporzioni fossero distribuiti i soste– nitori della sicurezza collettiva tra i seguaci di Lloyd George, per cui quel principio doveva operare solo in Africa Orientale, e quelli di Sir Norman Angell, il quale accettava il principio in Europa come in Afri– ca, nell'Europa orientale come nella occidentale. Il fatto è che nel 1935 la campagna di Lloyd George non suscitò pubbliche proteste in nessun am– biente. Perfino il leader dei "Locarnisti" britannici, Sir Austen Chamber– lain, affermò nel Figaro (26-IX) che "la Gran Bretagna, mentre restava fedele a quegl'impegni che già aveva assunti, rifiutava di aumentarli." Cioè 11 VILLARI, Storia diplomatica, p. 143, afferma che due giorni dopo Grandi rimproverò Lloyd George, e questi rispose di avere attaccato non solo l'Italia, ma anche il Governo bri– tannico; al posto di Baldwin egli avrebbe fatto capire chiaramente a Mussolini - prima che s'ingolfasse nella faccenda etiopica - che la Gran Bretagna si sarebbe opposta ad una cam– pagna italiana, ma avrebbe dato all'Italia la possibilità di espandersi altrove. (Dove? In Turchia? Nelle colonie francesi?) Pare difficile credere che Grandi osasse "rimproverare" un uomo del calibro di Lloyd George e che Lloyd George si sia scusato come un fanciullo colto con le mani nel vaso della marmellata. O Grandi inventò nel suo rapporto un "rimprovero" che non fece mai, oppure il propagandista lesse male il rapporto di Grandi. Lloyd George deve solamente avere spiegato che egli mirava con le sue critiche non tanto contro Mussolini quanto contro il ministro Baldwin. 466 Bibloteca Gino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=