Gaetano Salvemini - Preludio alla Seconda guerra mondiale

La gran parata maz1a sull'Austria. Se Hitler e Mussolini potessero venire a patti su questo punto, sia mediante un condominio, sia mediante una partecipazione, sarebbe aperta la via alla creazione di una formidabile lega delle potenze insoddisfatte. Queste con la Polonia, l'Austria e l'Ungheria formerebbero un blocco centrale compatto. Con la pressione diplomatica, con l'agitazione e l'intrigo demagogico, quel blocco potrebbe raggiungere alcuni dei suoi scopi, mentre la Germania aumenterebbe continuamente la sua potenza militare. In ultima istanza con l'aggiunta del Giappone, quel blocco potrebbe rischiare una nuova guerra mondiale degli ambiziosi contro gli imperi satolli. Si può attribuire a questo nuovo equilibrio delle potenze del vecchio mondo un effetto di breve o di lunga durata. Nell'uno e nell'altro caso, esso scompiglia i calcoli, su cui i francesi, i russi e i cechi hanno costruito la loro concezione della sicurezza per l'Europa e. per sé. Esso rompe l'anello intorno alla Germania. Perché, dunque, dovrebbero le potenze occidentali assumersi la responsabilità di porre ostacolo all'impresa italiana? Il 15 settembre, Hitler, parlando innanzi al Reichstag, affermò che la città di Memel (assegnata all'Estonia dal Trattato di Versailles) era stata rubata alla Germania; l'elemento tedesco in quel territorio era maltrattato e torturato; se la ?ocietà delle Nazioni non faceva rispettare i diritti dei tedeschi, gli eventi avrebbero preso una piega de– plorevole. Ci si domanda se esisteva qualche legame fra le formule usate 1'8 settembre nel ricevimento dell'ambasciatore italiano, e l'eruzione hitleriana del 15 settembre. Se si deve credere a uno scrittore, che sembra bene informato, "a cominciare dal settembre 1935, furono iniziate fra Roma e Berlino conversazioni politiche di lunga portata che ebbero come primo risultato che la Germania rifiutò di partecipare alle sanzioni della Società delle Nazioni contro l'Italia. Alla sua volta l'Italia promise di non sollevare obiezioni contro iniziative della Germania per la rioccupazione della Renania. " 6 Un altro scrittore, Monsieur Jacques Bardoux, che ~ra uno fra i "men– tori diplomatici" di Laval,7 affermò nel periodico mensile di Parigi Le Capi– tal del gennaio 1936, che solo nel settembre 1935 Mussolini decise "di ri– schiare tutto" nell'avventura etiopica. Monsieur Bardoux aggiunse di avere appreso da Albert Rivand, un esperto in questioni tedesche, che lo Sta– to Maggiore francese, consultato dagli italiani sulle difficoltà dell'impre– sa, espresse l'opinione che una campagna in Abissinia sarebbe risultata piu ardua che la conquista del Marocco. L'ambasciatore di Germania a Roma riferf quest'opinione a Berlino. Subito dopo arrivarono da Berlino a Roma alcuni "tecnici" tedeschi, i quali descrissero l'incredibile ricchezza del suolo e del sottosuolo abissino, e dimostrarono quanto sarebbe stato fa– cile il successo di una spedizione bene equipaggiata. Non· molto tempo dopo comparve a Roma Ribbentrop con una lunga nota redatta in italiano, la quale insisteva sul fatto che la nazione europea che si fosse stabilita in Etio– pia avrebbe tenuto le chiavi della valle del Nilo e del Canale di Suez e avrebbe avuto il controllo effettivo dell'Egitto. Questo documento, debi– tamente annotato dal Duce, fu fotografato, e una copia ne fu trasmessa, a cura del Governo tedesco, al Ministero degli esteri inglese, mentre a Roma i consiglieri tedeschi del Duce continuavano a insistere sulla facilità della conquista, sulla decadenza delle forze armate inglesi e sul peggioramento del morale inglese. Promettevano rifornimenti, carbone e materiale e per 6 DUTCH, Thus died Austria, p. 128. ' Tows, Pierre Lavai, p. 199. Bibloteca Gino Bianco 463

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