Gaetano Salvemini - Preludio alla Seconda guerra mondiale

Preludio alla seconda guerra mondiale Il 5 settembre la Convenzione nazionale delle Trade Unions britanni– che diede 2.962.000 voti ad una risoluzione che chiedeva al Governo di mettere in azione perfino le sanzioni militari, qualora fosse scoppiata la guer– ra; non piu che 770.000 tenaci pacifisti o anticapitalisti votarono contro. Ma il Governo britannico che faceva? Nel numero del 2 agosto, I.A Republique, giornale francese che appoggiava la politica di Lavai, riconob– be che i francesi non potevano commettere peggior follia che quella di ri– pudiare il principio delle sanzioni collettive. Poteva venire il giorno iri cui la Germania lanciasse un improvviso attacco contro l'Austria o la Litua– nia. Senza il meccanismo delle sanzioni collettive, su cui ripiegare, la Fran– cia sarebbe rimasta senza aiuto ad affrontare da sola un nemico formidabile. D'altra parte, se le sanzion_i dovevano essere applicate, la Francia doveva mettere in chiaro che era disposta ad appoggiare qualsiasi progetto di san– zioni approvato dalla Società delle Nazioni, ma con l'espressa condizione, che tali misure collettive non dovessero essere applicate soltanto in que~ sto caso; dovevano essere una regola generale da applicare in ogni caso di aggressione che potesse verificarsi in Europa. In altre parole, la Francia do– veva essere preparata a rischiare la perdita dell'amicizia italiana per mante– nere l'autorità della Società, ma solo a condizione che quell'autorità fosse in tutti i casi mantenuta dagli altri paesi (e in primo luogo dalla Gran · Bretagna) cos1 pienamente come in questo caso particolare. Sir Norman Angell non poteva non prendere in considerazione que– sto punto. Perciò nel corso della sua intervista del 4 settembre col Man– chester Guardian si fece chiedere se fosse probabile che il Governo britan– nico desse assicurazione ai francesi che la stretta applicazione del Patto, comprese le sanzioni, avrebbe avuto luogo non solo nel caso dell'Abissinia, ma anche in quello di aggressione in Europa. Rispose: "Ritengo che una domanda simile da parte dei francesi non sarebbe irragionevole. Benché io non possa parlare in nome del Governo britannico, penso che esso direb– be di s1, se i francesi gli chiedessero una simile garanzia." Sir Norman su questo punto si sbagliava. In un dispaccio da Londra al New York Herald Tribune (1°-IX) J. F. Driscoll fece un quadro esat– to della politica britannica in quel momento. Non c'era in Gran Bretagna piu che "una debole speranza di evitare la guerra italo-etiopica mediante un intervento diplomatico." La Gran Bretagna fa le viste di appoggiare la Società, ma ha poca fiducia che la Società, o piu particolarmente la Francia, l'appoggeranno. La Francia ha bisogno del– l'amicizia e dei fucili dell'Italia in caso di difficoltà con la Germania... Gli etiopici sono stati quasi dimenticati. La Gran Bretagna entrerebbe in guerra con l'Italia solo se Mussolini sfidasse il dominio britannico del Mediterraneo e la via marittima per l'In– dia, ma non per amore dell'Etiopia. Perciò era inteso che la politica di Eden a Ginevra sarebbe stata: "Seguire la Francia." 450 Biblo Gino Bianco

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