Gaetano Salvemini - Preludio alla Seconda guerra mondiale

La malata immaginaria Nell'estate del 1920 il Governo italiano riusd a tirarsi fuori da una situazione che, in quel momento, avrebbe potuto avere gravi conseguenze sulla politica interna. L'Italia aveva stabilito durante la guerra una specie di protettorato sull'Albania. Nessun contrasto sorse su questo punto alla Conferenza della Pace. Ma sarebbero stati necessari molti uomini e molto denaro per rendere effettivo il protettorato sulle turbolente tribu delle mon– tagne. Nel giugno 1920 scoppiò una rivolta anti-italiana. Il Governo ita– liano decise d'inviare truppe. Un reggimento in partenza per l'Albania si ammutinò ad Ancona. Fu quella una prova di quanto sarebbe potuto ac– cadere se in quel tempo si fossero intraprese conquiste in Asia Minore o in Etiopia. E pensare che c'era in Italia chi pensava a una spedizione nel Cau– caso!6Il Governo ebbe il buon senso di capire che era impossibile imbarcarsi in una nuova guerra - fosse pure solo una guerra "coloniale" - prima che si fosse allontanato il ricordo della guerra recente. Il 3 agosto 1920, in un accordo a Tirana con i capi delle tribu albanesi, il Governo di Roma riconobbe il Governo che era stato costituito a Lushna. All'accordo seguf (2 settembre 1920) il ritiro delle truppe italiane dal territorio albanese. Ma l'Italia mantenne il possesso dell'isola di Saseno all'entrata della baia di Valona, togliendo a questa ogni valore militare, cosf che non potesse servire come base di operazioni né per l'Italia né contro di essa. Il 17 dicembre 1920 l'Albania fu accolta nella Società delle Nazioni. Ma nel 1921 Londra e Parigi convennero che "qualsiasi violazione di frontiera o attacco all'in– dipendenza dell'Albania avrebbe costituito una minaccia alla sicurezza ita– liana." Nel caso in cui si manifestasse questa minaccia, il ripristino delle frontiere sarebbe stato affidato all'Italia. La Società delle Nazioni non avrebbe dovuto permettere che uno dei suoi membri fosse considerato sfera d'influenza di un altro. Avrebbe dovuto ricusare la registrazione di quel– l'accordo. Ma lo registrò. Questa fu una "capitolazione" in violazione del suo statuto, la prima di una lunga serie. Il problema piu spinoso della politica estera, quello dei rapporti italo– jugoslavi nell'Adriatico, fu coraggiosamente affrontato dal ministro degli Esteri, Sforza, e risolto mediante il Trattato di Rapallo (12 novembre 1920). Con questo trattato il Governo di Belgrado consentf eh~ Gorizia, Trieste, il loro retroterra e tutta l'Istria, fino alle porte di Fiume fossero annessi all'Italia. Il Governo di Roma lasciò alla Jugoslavia tutta la Dalmazia, ec– cettuata la città di Zara che fu annessa all'Italia. F~ume doveva restare città autonoma, e un consorzio misto di fiumani, italiani e jugoslavi doveva amministrarne gl'interessi marittimi. In dicembre questo trattato fu appro– vato da una maggioranza schiacciante alla Camera e al Senato di Roma. D'Annunzio a Fiume protestò che sarebbe morto piuttosto che cedere. Quando si rese conto che il Governo faceva sul serio, dichiarò che l'Italia 6 GALLI, Diarii e lettere, p. 380. 21 BiblotecaGino Bianco

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