Gaetano Salvemini - Preludio alla Seconda guerra mondiale

Preludio alla seconda guerra mondiale l'Etiopia," e la sua viva speranza che si trovassero mezzi per arrivare a "una soluzione pacifica del problema con mutua soddisfazione." "Una guerra, dovunque cominciasse, sarebbe spaventosamente pericolosa per tut– ti.,, Inoltre protestò cogli ambasciatori di Inghilterra e di Francia che se il Governo degli Stati Uniti non invocava il Patto Kellogg nella disputa italo-etiopica, questo non voleva dire che il Patto fosse morto. Tutt'altro! La nota americana all'Imperatore di Etiopia aveva avuto lo scopo di affer– mare i princip1 del Patto. Sperava davvero di essere preso sul serio? Due giorni dopo, "per dissipare ogni dubbio,, sull'atteggiamento americano cir– ca il Patto Kellogg, annunziò in un comunicato alla stampa, che il Pat– to Kellogg era "non meno obbligatorio oggi di quanto non fosse allor– ché fu accettato dalle 63 nazioni che vi avevano partecipato. 1110 Belle parole. Ma aveva davvero torto Mussolini quando vantava "i sentimenti amichevoli americani verso l'Italia"? Hailé Selassié domandava parole o fatti? Il pover'uomo concedeva interviste, faceva discorsi, pubblicava prote– ste e cercava meglio che potesse di tenere la questione innanzi agli occhi del pubblico. In un'intervista con il Sunday Times di Londra denunciò gli ostacoli che venivano messi sul suo cammino dovunque cercasse di compra– re armi: C'è una politica per i deboli e un'altra per i forti? I deboli devono essere mante– nuti deboli cosf che i forti non abbiano troppa difficoltà a distruggerli. L'Italia è un grande paese industriale che lavora giorno e notte per equipaggiare i suoi soldati con armi moderne e macchine moderne. Noi siamo un popolo di pastori e di agricoltori senza risorse, e non possiamo fare altro che procurarci all'estero qualche carabina e qualche fucile per impedire che i nostri soldati affrontino la battaglia soltanto con spade e lan– ce. In qual modo abbiamo provocato questa guerra? Se siamo dalla parte della ragione, e se nazioni civili sono incapaci d'impedire questa guerra, almeno non ci neghino la possibilità di difenderci. Era questa una "questione delicata" per il Governo inglese. Il Sunday Times (21-VII-35) spiegò il problema come segue: "Non si possono esportare armi da questo paese senza licenza governativa. Si sperava che le altre po– tenze adottassero lo stesso metodo. Esse non lo hanno fatto." Rimaneva al lettore di chiedere: "Se le altre potenze non lo fanno, perché dovrebbe farlo soltanto la Gran Bretagna?,, Non lo si aiutava a chiedere invece: "Perché il Governo britannico non propone un'azione collettiva per indurre le altre 'potenze' a farlo? ,, Il 15 luglio, uno dei luogotenenti di Runciman affermò nella Camera dei Comuni che "nessuna licenza per esportazione di armi in Abissinia era stata rz"fiutata negli ultimi tre mesi." Sollecitato a chiarire se intendesse che le licenze richieste erano state concesse, dovette confessare che "alcu– ne erano state ricevute, e queste si stavano esaminando e non erano state ancora concesse." Il 24 luglio, Runciman affermò categoricamente che , 10 HuLL, Memoirs, I, pp. 420-1. 434 Biblu "" ....Gino Bianco

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