Gaetano Salvemini - Preludio alla Seconda guerra mondiale

La, malata immaginaria mania. Ciò non ostante il popolo francese non attraversò una crisi di di– sperazione come quella che fece perdere completamente la testa a tanti italiani. Poincaré, Clemenceau e Foch non andarono in giro per le piazze a strepitare che la Francia era stata derubata della vittoria, che la Francia era rovinata, che la Francia doveva prepararsi a far guerra ai suoi alleati di ieri, per impossessarsi di quanto costoro le avevano rifiutato. Che cosa sarebbe accaduto· in Francia, se quasi tutti i giornali, i deputati e i ministri - e in prima linea quelli che erano stati responsabili della guerra ___. aves– sero intrapreso una campagna di recriminazioni come quella a cui si ab– bandonarono in Italia i seguaci di Orlando e Sonnino, e gli agenti dellp Stato Maggiore dell'esercito e della marina, e la stampa e gli uomini politici di quasi tutti i partiti? I soldati francesi sarebbero tornati tranquillamente alle loro case, oppure avrebbero massacrato quei ministri, deputati, giorna– listi e professori, che avevano provocato la guerra ed ora annunciavano che gli "interessi vitali della nazione,, erano andati in rovina per causa della guerra? Il popolo italiano, sebbene sottoposto a un forsennato trattamento di quel genere, non massacrò i responsabili della guerra, come avrebbero meritato. Invece cadde in uno stato di irritata disperazione. La soddisfa– zione della vittoria fu sostituita nel suo spirito dal cupo pessimismo della sconfitta. Solo esso, tra i popoli vincitori, attraversò dopo la vittoria una crisi di depressione non dissimile da quella dei paesi sconfitti. Borgese ha descritto con mano maestra la malattia, che corrose l'anima delle classi intellettuali italiane dal 1870 alla prima guerra mondiale: Fu il cancro romano-imperiale: il ricordo e la nostalgia dell'Impero Romano,2 che si accoppiavano ad una smania impaziente di successi impossibili, provo– cando delusione, amarezza e disprezzo di se stessi. Invece di paragonare il presente con l'immediato passato e riconoscere i grandi passi che il po– polo italiano faceva col suo lavoro silenzioso e tenace, le classi intellettuali italiane opponevano le condizioni presenti ai ricordi delle passate grandezze e ai sogni di assurdi primati. Ne conseguiva che nessun progresso, per quanto grande, poteva soddisfarle. Avevano parole soltanto per lamentare la mediocrità, la incapacità, la disonestà ~ gl'insuccessi degli uomini politici. L'Italia era schiacciata dal suo passato. Gli americani non hanno passato. Vivono nel futuro. Questa è la loro massima fortuna. Una certa dose d'intelligente autocritica è utile correttivo per la boria delle nazioni: è stata efficacemente definita come quel "divino malcontento 11 che conduce ad ascensioni sempre piu alte. Ma speranze assurde e inces– sante autodegradazione sono droghe velenose che creano la mania di perse– cuzione, infelicità e spropositi. Questa malattia specifica dell'Italia non fu mai cosf diffusa né cosi 2 Non è possibile capire come Benedetto Croce ("Quaderno della Critica," n. 16, 1950, p. 123) abbia potuto contestare la realtà di questa "malattia romana" che cominciò a fare strage specialmente dal 1849 in poi, per effetto della Repubblica Romana, e dopo il 1870 si sviluppò a dismisura. Si veda CHABon, Storia della politica estera italiana dal 1870 al 1896, I, 179-314. 17 3 B1D,uLeca Gino Bianco

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