Gaetano Salvemini - Preludio alla Seconda guerra mondiale

Preludio alla seconda guerra mondiale specie di mano libera verso l'Etiopia. Londra e Parigi rifiutarono netta– mente.1 I diplomatici britannici e francesi sfruttarono senza discrezione gli errori dei delegati italiani. Dopo aver vinta la Germania in guerra, vinsero l'Italia in pace. Il fallimento diplomatico di Sonnino e Orlando ebbe effetti disastrosi in Italia. Nel 1914 il popolo italiano non era stato aggredito sul proprio suolo, come quelli del Belgio e della Francia. Non era stato precipitato improvvisamente in guerra, senza tempo per riflettere, come quelli della Germania, Austria-Ungheria, Inghilterra e Russia. Per nove mesi, dall'a– gosto 1914 al maggio 1915, la questione se l'Italia dovesse o no intervenire nella guerra, era stata discussa in lungo e in largo. Un paese, che discute per nove mesi se debba entrare in guerra, è portato fatalmente a spezzarsi in fazioni. Questo accadde negli Stati Uniti nel periodo 1939-41. Questo accadde in Italia nel 1914-15. Il paese si scisse in "interventisti" e "neutra– listi." La divisione si prolungò durante tutta la guerra. Quando la guerra finf e fu ripristinata la libertà di parola e di stampa, la controversia, che era stata soffocata dal 1915 al 1918, scoppiò con violenza. Ed ecco che quasi tutti quegli stessi gruppi politici che avevano trascinata l'Italia nel con– flitto, quei giornali che avevano attizzato le fiamme della guerra, lamen– tavano ora su tutti i toni che il sangue italiano era stato versato invano, dato che i "perfidi alleati" avevano negato all'Italia Fiume, la Dalmazia, l'Asia Minore, l'Etiopia e chi sa che cos'altro ancora. Al popolo era stato promesso che questa sarebbe stata l'ultima guerra, "la guerra per finire le guerre," e la pace sarebbe stata assicurata ai loro figli e ai figli dei loro figli; ed ecco, che dopo tre anni e mezzo di terribili sofferenze, gli si diceva che "aveva vinto la guerra ma aveva perduto la pace," che la sua vittoria era stata "mutilata" da America, Inghilterra e Francia, e che doveva pre– pararsi a prendersi con un'altra guerra la rivincita dalle ingiustizie che avevano resa inutile la guerra appena finita. In queste condizioni, era naturale che gli uomini politici e i giornali, i quali si erano opposti all'entrata in guerra dell'Italia nel 1915, si vantassero ora di avere avuto ragione essi nel tentare di risparmiare al popolo italiano una guerra da cui non doveva ritrarre alcun profitto. Essi avevano previsto il "tradimento" dei "perfidi" alleati. Era stato per questa ragione che essi si erano ·opposti nel 1915 all'entrata in guerra dell'Italia a fianco di quegli alleati. Tutti coloro, che erano stati favorevoli alla guerra, furono tenuti responsabili del "disastro" irreparabile, in cui il paese era stato travolto. Era venuto il momento in cui dovevano rispondere del loro delitto. Neppure il Governo francese riusd nella Conferenza della Pace ad ottenere tutto ciò che voleva: né il distacco dalla Germania della riva si– nistra del Reno, né l'annessione della Saar, né lo smembramento della Ger- 1 DE LA PRADELLE, Le confl.it Italo-Ethiopien, pp. 111 sgg. Nei documenti ufficiali il ter– mine "Etiopia" designava i territori che avevano come capitale Addis Abeba. Nelle lingue europee si diceva piu comunemente "Abissinia." 16 Bib .~.... a Gino Bianco

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