Gaetano Salvemini - Preludio alla Seconda guerra mondiale

La colpa era di Lavai Il commento di Mussolini su quella ·discussione parlamentare fu di chiamare sotto le armi il 15 luglio altre due divisioni. Inoltre ordinò la costruzione di altri dieci sottomarini, che potevano servire non sulle mon– tagne dell'Africa Orientale, ma nel Mediterraneo: un memento a chi a Londra non consentiva con Hoare e Eden. Hailé Selassié, lasciato per aria, annunciò attraverso il corrispondente del Times di Londra (18-VII-35) che non aveva mai ricevuto alcuna propo– sta di accomodamento di alcun genere né dal Governo italiano né da quello britannico. Benché i particolari relativi alla ferrovia italiana destinata a con– giungere l'Eritrea con la Somalia fossero difficili da elaborare, lui era di– sposto a discuterli. Se il Governo britannico intendeva ancora mantenere aperta la offerta di Zeila, egli avrebbe ceduto all'Italia una striscia equi– valente di territorio nell'Ogaden, dov'era situato Ual-Ual. Ma se l'Italia ri– correva alla guerra, l'Etiopia si sarebbe difesa, pur continuando a far ap– pello alla Società delle Nazioni. Hailé Selassié avrebbe potuto difficilmente essere piu "civile." Le di– scussioni su una linea ferroviaria italiana che tagliasse l'Etiopia da nord a sud, avrebbero potuto trascinarsi per secoli. Nulla avrebbe potuto essere piu pazzesco dal punto di vista tecnico e finanziario, che una ferrovia in un paese come l'Etiopia coi suoi precipitosi cambiamenti di livello. Anche il parallelo stabilito da Hailé Selassié tra la sua offerta di alcuni brandelli di sterile Ogaden e la strada da cammelli che doveva condurre il suo im– pero al porto di Zeila, era degno di un uomo di alta civiltà. Mussolini non poteva digerire che alcuno lo superasse in faccende di questo genere. Perciò concesse un'intervista al New York H erald Trz·– bune (18-VII-35) per informare il mondo che l'Italia intendeva intrapren– dere non solo per sé, ma per tutto il mondo occidentale, e con tutti i mezzi a sua disposizione, la missione di incivilimento che le spettava di diritto. Neppure allora la flemma del Governo inglese fu turbata. Anzi, il 18 luglio, fu annunziato che uno fra i delegati del Regno Unito alla prossima Assemblea Generale della Società delle Nazioni era l'onorevole deputatessa, Miss F. M. Graves, quella che 1'11 luglio aveva previsto che "nulla poteva fermare l'Italia" e ne aveva concluso che il Governo britannico doveva proporre un mandato all'Italia "per una parte almeno dell'Abissinia." Mussolini non aveva bisogno di prendere sul serio un messaggio di Lavai (19 luglio) che gli diceva di considerare "la situazione che creereb– be per la Francia se entrasse in guerra contro l'Etiopia"; "tutta la politica della Francia era orientata verso la Società delle Nazioni"; la Francia per quanto vivamente desiderasse di favorire l'amicizia franco-italiana sarebbe rimasta fedele al Patto della Società. 5 Il 16 luglio, il Duce fece la seguente dichiarazione in ·un pubblico mes– saggio a De Bono: 5 Discorso <!i Laval alla Camera dei Deputati francese, 28-XU-35. 401 27 B1bloteca Gino Bianco

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