Gaetano Salvemini - Preludio alla Seconda guerra mondiale

Preludio alla seconda guerra mondiale menti o parole, risponderemo con l'eroico motto delle nostre prime truppe d'assalto "Me ne frego." Noi sfideremo i biondi difensori della razza nera. Avanzeremo contro chiunque, - senza badare al colore - cercasse di sbarrarci la via. Siamo impegnati in una lotta d'importanza decisiva ed abbiamo irrevocabilmente deciso di portarla a ter– mine.2 Quanto piu il Duce perseverava nell'atteggiamento di sfida, tanto piu tutti coloro in Inghilterra, i quali intendevano che il Patto della Società del– le Nazioni fosse fatto rispettare, chiedevano a gran voce che le sanzioni contemplate nel Patto fossero annunciate immediatamente. La questione italo-etiopica fu ripresa 1'11 luglio da Sir Samuel Hoare alla Camera dei Comuni in un exposè della politica estera britannica. Se– condo Sir Samuel, bisognava considerare la Società delle Nazioni "non dal punto di vista del passato, ma del futuro." Si doveva pensare molto meno a ciò che essa aveva fatto o aveva omesso di fare negli ultimi 15 anni, e pili a quello che potrebbe fare nei prossimi 15 anni "se ne otteneva la opportunità." Attraverso la Società veniva costruito un sistema di sicurez– za collettiva, essenziale alla pace, con cura e pazienza. La Gran Bre– tagna era pronta e deliberata ad assumere in pieno la sua parte di re– sponsabilità collettiva. "Ma quando io dico responsabilità collettiva inten– do responsabilità collettiva." Ecco la scappatoia: la parola "collettiva." Sir Samuel, comunque, sperava in un avvenire migliore fra quindici anni. Dopo aver rimandato di 15 anni la capacità della Società a far rispet– tare la pace, Sir Samuel affrontò la questione italo-etiopica. "Noi abbiamo sempre compreso il desiderio dell'Italia per una espansione al di là dei mari. Nel 1925 (corrige 1924) noi cedemmo all'Italia l'Oltregiuba. Nes– suno in Italia pensi che noi siamo insensibili alle aspirazioni italiane. Noi ammettiamo la necessità di espansione italiana." Sir Samuel era pronto ad ammettere la giustezza di alcune fra le critiche che erano state fatte al Go– verno abissino. Tuttavia il desiderio di espansione e quelle cause non era– no ragioni sufficienti per ricorrere alla guerra. Mussolini doveva tener conto del fatto che l'Inghilterra apparteneva alla Società delle Nazioni e che il Patto di questa impegnava il Governo britannico a prevenire la mi– nacciata guerra italo-etiopica. Il Governo inglese intendeva fare il possi– bile per tener lontana tale calamità "sia mediante il meccanismo del Trattato del 1906, sia mediante il meccanismo della Società." Ci dove– vano essere consultazioni tra i Governi britannico e francese (in conformi– tà al Trattato del 1906). Ma "gli onorevoli deputati sgombrino dalla loro mente le voci, assolutamente infondate, che noi abbiamo chiesto al Gover- 2 Il testo di questo discorso fu mandato a tutte le organizzazioni fasciste in Italia con l'i– struzione di farlo circolare. Questo fu fatto per mezzo di copie ciclostilate. Il testo ufficiale, invece, dato alla stampa italiana, il 7 luglio, diceva solo che il Duce "aveva pronunciato parole di saluto e d'incitamento alle Camicie Nere." Tutto indurrebbe a credere che Mussolini, dopo aver fatto spedire il testo del discorso, si sia reso conto o sia stato indotto a rendersi conto di essere andato troppo lontano. Perciò proibi la pubblicazione ufficiale. Ma il documento aveva già raggiunto qualche corrispondente straniero in forma manoscritta. [Il brano non si trova né nell'edizione dei Discorsi né nell'Opera Omnia. - N.d.C.] 396 I Bibloteca Gino Bianco

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