Gaetano Salvemini - Preludio alla Seconda guerra mondiale

Premessa solini col popolo italiano. Neanche per la Gran Bretagna o per alcun altro paese del mondo intende fare la confusione, che non ha mai voluto fare per l'Italia. Ma il suo rispetto per la sanità morale e la umanità del popolo britannico, la sua ammirazione per la fermezza con cui quel popolo affrontò nel 1940 l'ora piu terribile della sua storia, e per la stupenda disciplina spontanea con cui esso ha sopportato i duri sacrifici di questo dopoguerra, non lo obbligano a sentire lo stesso rispetto e la stessa ammirazione per uo– mini come sir Austin Chamberlain, sir J ohn Simon, sir Samuel Hoare, Stanley Baldwin o Neville Chamberlain. Egli ammira il popolo russo per avere prodotto uomini come Dostojewsky e Tolstoj, e per avere resistito eroicamente all'aggressione di Hitler a Stalingrado, ma non per questo si sente obbligato a diventare "compagno di viaggio'' a Stalin. L'autore non ha creduto che fosse suo dovere astenersi da qualunque apprezzamento. Ogni volta che ha incontrato un individuo poco rispettabile sulla sua strada ha detto senz'altro che si trattava di un individuo poco rispettabile. Solo chi abbia perduto ogni rudimento di senso comune e di senso morale può rimanere senza reazioni personali, innanzi a uomini che hanno causato la morte, la miseria economica, la rovina spirituale per milioni di loro simili. Comunque, l'autore non pretende che i suoi giudizi siano "obiettivi." Lo stesso fatto provoca differenti reazioni personali, perché differenti sono le personalità umane. Inoltre lo storico deve mantenere chiara la distinzione fra le reazioni personali, che sono quelle dell'uomo comune vivente in lui, e l'ufficio di storico. Dalla ripugnanza per le astrazioni o "persone morali" che dir si vo– gliano, dallo sforzo di ricondurre sempre le opere ai loro autori individuali, e dai giudizi senza circonlocuzioni su quegli autori, molti lettori saranno irritati, e molti critici si sbarazzeranno dello scrittore, condannandolo come "parziale," "pregiudicato," "non scientifico." Vi sono storici e critici, i quali sono sinceramente convinti di essere imparziali, "scientifici," e rifiutano come "parziale" ogni opinione che contraddica i loro preconcetti personali: sono quelli che si credono padre– terni. Altri si credono imparziali, perché comprendono tutti i princip1 e non ne hanno nessuno, salvo quello di scappellarsi sempre innanzi al fatto compiuto: la mancanza di spina dorsale non è piu rispettabile nella istorio– grafia che nella vita giornaliera. Vi sono inoltre i lupi in pelle di agnello: i "propagandisti," che si vantano di essere immuni da qualunque precon– cetto, mentre la loro penna è a servizio di chi la paga. Finalmente vi sono quelli che francamente ammettono i loro preconcetti, ma fanno del loro meglio per non esserne accecati o deviati. L'imparzialità è una illusione da sciocchi, o una viltà da opportunisti, o una vanteria per imbroglioni. Non è lecito rimanere imparziali fra verità e falsità. Possiamo mancare di prove sicure che permettano conclusiçmi incontestabili. Ma quando una conclusione è stata raggiunta in base a prove sicure, non ci possono essere due verità diverse. Se una affermazione è vera, l'opposta è falsa. L'autore del 7 BiblotecaGino Bianco

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