Gaetano Salvemini - Preludio alla Seconda guerra mondiale

Fascismo: anno X narne il pensiero dai problemi interni e spingerle ad un grado di apocalit– tica aspettativa di qualche grande miracolo che lui solo poteva compiere. E poi? Nei paesi liberi, i gruppi nazionalisti e militaristi, anche quando sono al potere, devono fare i conti con l'opposizione dei partiti che lavorano per la pace. I cittadini, o quanto meno quelli che s'interessano di questioni in– ternazionali, possono leggere giornali e riviste di tutte le sfumature e tutte le tendenze. Possono scegliere tra programmi in concorrenza. L'uomo poli– tico deve prendere in considerazione le opinioni e i sentimenti di gruppi contrari alla guerra se non vuole trovarseli contro il giorno delle elezioni. Anche quegli uomini politici, che hanno una mentalità nazionalista o mili– tarista, parlano da pacifisti mentre agiscono da nazionalisti. Nelle loro atti– vità nazionaliste hanno le mani piu o meno legate dalle dichiarazioni pa– cifiste che non possono rinnegare del tutto. A questo si riferivano i fascisti quando parlavano di "ipocrisia democratica." Sarebbe stato piu corretto chiamarla "l'ipocrisia a cui debbono ricorrere i nazionalisti nei regimi demo– cratici." Mussolini non aveva bisogno di ipocrisie. Gl'italiani erano tenuti sistematicamente nella piu nera ignoranza riguardo ai misteri dell'" alta po– litica." Peggio ancora, udivano su di essi non piu che una versione. Non ci poteva essere opposizione allo sfrenato nazionalismo né nella stampa né nelle associazioni né in Parlamento. La volontà di Mussolini non era tenuta a freno né da gruppi politici indipendenti né da indipendenti collaboratori. Ogni uomo, nel quale sia concentrato tutto il potere, si persuade, in con– seguenza di un inevitabile processo psicologico, che la politica da lui vo– luta è quella che risponde ai desideri e ai bisogni del paese. L'unanimità delle lodi finisce per fargli scambiare servilità per consenso. Il potere cor– rompe, il potere assoluto corrompe assolutamente. Ogni abile intringante può facilmente dominare l'onnipotente ma solitario dittatore con illusioni, adu– lazioni o paure. Ma l'influenza che prevale oggi può non prevalere domani. Il giorno in cui difficoltà interne o internazionali mettono il despota con le spalle al muro, e per sfuggire ad un ignominioso fallimento, non gli resta altra via che la guerra, chi gli impedirà di ricorrere a questo rimedio di– sperato? In politica, e specialmente in politica internazionale, i fatti sono parole. La guerra non comincia col primo colpo di fucile: comincia con la prima parola che prepara quella mentalità guerresca, dalla quale un giorno proromperà quel primo colpo di fucile. Abbaiare, anche se senza mordere, è un gioco pericoloso: perché non ·appena un cane abbaia, tutti gli altri cani si mettono ad abbaiare, e quando la intera muda si è eccitata abbaiando, non è detto che possa sempre essere tenuta al guinzaglio. Mussolini afferrò il potere e vi si manteneva non solo "calpestando il corpo putrefatto della libertà" ma intossicando l'animo dei suoi seguaci col– la xenofobia e col desiderio e la paura di grandi eventi imminenti. Tartarin de Tarascon non voleva andare fra i turchi, ma si vantò tanto delle sue future imprese in mezzo ai turchi, che i suoi concittadini finirono per co- 261 Bibloteca Gino Bianco

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