Gaetano Salvemini - Preludio alla Seconda guerra mondiale

Preludio alla seconda guerra mondiale Dopo tutto l'impresa era fallita, e questo era quel che contava. Diplomatici e politicanti vivono alla giornata. Il Governo jugoslavo non portò l'affare innanzi alla Società delle Nazioni. Meno circospetti che il Governo di Belgrado, un gruppo d'ignoti de– capitarono un rispettabile numero di antichi leoni veneziani in pietra nelle città dalmate di Sebenico, Veglia, Arbe e .Trau. Questo puerile atto di eroismo sollevò in Italia fra i fascisti un uragano di proteste non meno puerili. Tredici interrogazioni furono presentate al Senato sull'assassinio dei leoni. èhi parlò per tutti non mancò di assicurare che gli assassini era– no senza dubbio serbi: "I croati, piu imbevuti con sentimenti latini, piu rispettosi della storia, non sono responsabili, e certamente deplorano que– st'atto di vandalismo." Mussolini declamò piuttosto a lungo sul soggetto. Un senatore di origine dalmata ottenne che il Senato togliesse la seduta in segno, non è chiaro se di lutto e di protesta. Non è difficile immaginare che cosa la sta1npa mussoliniana ebbe a dire, e gli insulti che gli studenti universitari e secondari lanciarono nelle strade contro "i serbi" durante quella inaspettata vacanza. Gli "assassini," dopo tutto, non erano serbi, ma un gruppo di giovani operai e impiegatucci croati, i quali, stanchi di essere vituperati in Italia come malviventi e banditi, si erano vendicati sulle innocenti vittime di razza veneziana. Non si sarebbero rivelati responsabili del delitto, se la stampa italiana non avesse accusato i serbi. Insistettero a dimostrare che in fatto di patriottismo e di stupidità un croato non era inferiore a un serbo. Siccome le vittime dell'aggressione non erano creature umane ma leoni di pietra, gli assassini furono condannati non a morte, come sarebbe avvenuto nell'Italia di Mussolini, ma a non piu che cinque giorni di pri– gione, e a indennizzare per il loro vandalismo, non l'antica repubblica di Venezia, né Mussolini, suo legittimo erede, ma le municipalità slave della Dalmazia, che, in fine dei conti, erano le proprietarie dei leoni secondo il diritto internazionale. Piu serie conseguenze avrebbe potuto avere un altro incidente. Sulla fine di dicembre, alcuni vagoni di fucili e mitragliatrici, spediti dall'Italia in Austria, furono intercettati dai ferrovieri austriaci. Questa volta sembrò che i Governi di Parigi e di Londra volessero fare sul serio. Riconobbero ufficialmente che vi era stata una "violazione flagrante" del trattato, che proibiva le importazioni di armi in Ungheria, e presentarono al Dollfuss un'" amichevole" domanda affinché accertasse se davvero parte delle armi era andata in Ungheria; in questo caso le restituisse allo speditore, e se lo speditore rifiutava di riceverle, le distruggesse (11 febbraio 1933). Il Gio1·rzale d'Italia protestò che quella nota era "incredibile" e "senza pre– cedenti nella storia diplomatica delle relazioni internazionali." Quali accomodamenti sotterranei furono negoziati su questa faccenda, non sappiamo. Sappiamo solo che il Governo italiano informò il Governo inglese di essere pronto a riprendere le armi non appena fossero state 254 Bib o eca Gino Bianco

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