Gaetano Salvemini - Preludio alla Seconda guerra mondiale

"Il est parti, sans partir, tout en restane" avete in mente? - Cinquanta, cento anni. - E che cosa è necessaria per ottenerlo? La via per arrivare alla pace è disarmare. L'Italia ha continuamente fatte proposte per disarmare. Proposte concrete, pratiche, precise (NYHT. 16-X-1932). La innocente donzella non capf che l'uomo si burlava di lei. Ma pochi giorni dopo (PI. 24-X-1932) l'uomo parlò piu sul serio in Torino: Da questa città di frontiera, che non ha mai temuto la guerra, io dichiaro, per– ché tutti intendano, che l'Italia segue una politica di pace, di una pace, che non può essere dissociata dalla giustizia, di quella pace che deve ridare l'equilibrio all'Europa, quella pace che deve scendere nel cuore, .come una speranza ed una fede. Un voto del Gran Consiglio ha suscitato l'interesse di tutti i paesi: rimanere ancora nella Società delle Nazioni! Ora io vi dichiaro che noi rimarremo ancora nella Società delle Na– zioni: specialrri.enteoggi che essa è straordinariamente malata, non bisogna abbandonare il capezzale (PI. 24-X-1932). Secondo Macartney e Cremona (ltaly's foreign and colonia/ policy, p. 244), la posizione di Mussolini verso Ginevra era come quella del treno nel romanzo di Courteline: "Il est parti, sans partir, tout en partant." Il Duce non si contentava di perdonare alla Società delle Nazioni il suo peccato di esistere. Offr{ anche all'Europa occidentale una ricetta per tutti i suoi malanni: Io penso che se domani, sulla base della giustizia, sulla base del riconoscimento dei nostri sacrosanti diritti, consacrati dal sangue di tante giovani generazioni italia– ne, si realizzassero le premesse necessarie e sufficienti per una collaborazione delle quattro grandi potenze occidentali, l'Europa sarebbe tranquilla dal punto di vista po– litico (PI. 24-X-1932). Questo fu il primo accenno a quel "Patto a quattro" (Italia, Francia, Inghilterra e Germania: esclusa la Russia), che doveva fornire materia a tante parole nei primi mesi dell'anno seguente. Il Duce provvedeva non solo all'Ovest ma anche all'Est. Verso la fine del 1932, un gruppo di fascisti croati, comandati da un dottor Artukovich (che era destinato a diventare nel regno di Croazia, durante la seconda guerra mondiale, sotto il regime nazi-fascista, ministro degli Interni, mi– nistro della Giustizia, e presidente del Consiglio di Stato), 9 partendo dal territorio italiano di Zara in Dalmazia, penetrò nella regione di Lika, e· per alcune settimane vi tenne viva una rivolta che costò la vita ad alcune centinaia di persone. Fucili, munizioni, uniformi, denari, rifornimenti, tut– to veniv~ dall'Italia. La incursione falH. Uno fra i capi del movimento Anton Birkan, si rirugiò in Italia. Il Governo italiano rifiutò la estradi– zione. L'uomo fu condannato in Croazia a morte in contumacia. La stampa di Belgrado accusò i Governi di Roma e di Budapest per complicità nel tentativo. Il Governo francese consigliò prudenza a Belgrado. 9 Nel 1945, l' Artukovich, riesd a passare dall11 Svizzera negli Stati Uniti; e qui a Los Angeles nell'agosto 1951 fu arrestato, su richiesta del governo jugoslavo, sotto accusa di avere commesso sedici omicidi: NYT. 30-VIII-1951. 253 Biblotecà Gino Bianco

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