Gaetano Salvemini - Preludio alla Seconda guerra mondiale

"Il est parti, sans partir, tout en restant" Pochi giorni dopo, Carlo Delcroix, un cannone mussoliniano di grosso calibro, pronunziò nella Camera dei deputati un discorso, che non poteva non essere grande come lui, sulla importanza dell'arma aerea nella guerra moderna (26-IV-1932). Balbo, allora ministro dell'Aviazione, corroborò le dottrine di Delcroix fra "manifestazioni entusiastiche." Il Duce, in un'in– tervista col Daily Express (16-Vl-1932), proclamò il suo pessimismo sulla Società delle Nazioni e sulla Conferenza del disarmo. E Balbo, d'accordo con Mussolini (GUARIGLIA, Rz'cordi, p. 177), pubblicò un articolo, nel quale affermò che "nessuno in Italia era disposto a prendere sul serio le univer– sali iniziative umanitarie della Società delle Nazioni": Qualunque decisione emani dalla Società delle Nazioni porta il segno. e la marca di fabbrica del gruppo franco-inglese-americano. L'Italia si mosse con la chiara ( I) vo– lontà di disarmare. Ma Francia, Inghilterra e America non hanno nessuna intenzione di disarmare. Caso mai, vogliono un disarmo relativo che rafforzi la loro posizione e diminuisca quella degli altri... Le cosi dette Alte Parti contraenti dovranno prendere atto della decisa attitudine italiana, se vogliono tener viva quella mostruosa fabbrica di illusioni, quella trappola per i minchioni che va sotto il nome di Conferenza del di– sarmo. Altrimenti l'Italia già sa quel che le tocca fare: ritirarsi (PI. 31-VII-1932). A questo punto Mussolini defenestrò dal Ministero degli esteri Grandi. Costui aveva rappresentato la parte del "moderato" raccomandando che in prçmio della sua moderazione francesi, inglesi e americani gli facessero con– cessioni "impressionanti" come la cessione di una vera e propria colonia (GUARIGLIA, Ricordi, p. 141) da mostrare alle "folle aspettanti." Ma via via che l'uomo si rendeva accetto a Ginevra, a Londra, a Washington coi suoi discorsi moderati, la ostilità del Duce contro di lui cresceva. Prima di tutto costui voleva essere sempre lui il primo della classe. Inoltre, c'era pericolo che Grandi facesse servire la propria nomea internazionale di moderato non al doppio gioco mussoliniano, ma ad un proprio doppio gioco, cioè ad in– graziarsi gli altri Governi per il caso che le faccende andassero male al padrone. Un uomo che fa il doppio gioco, può farlo anche contro chi gli ha dato l'ordine di fare quel doppio gioco. Specialmente le tenerezze di Grandi per la Società delle Nazioni riuscivano sospette al Duce. Guariglia ci in– forma che l'abilità "a volte eccessiva" di Grandi "lo rendeva inviso al Duce": "i due uomini, pur prodigandosi adulazioni da una parte, e segni di amicizia dall'altra, in realtà si odiavano ed avevano una reciproca diffi– denza" (Ricordi, p. 69). Mussolini scrisse nel 1943: Grandi, frequentando assiduamente Ginevra, si era alquanto mimetizzato in quel perfido ambiente. La sua linea era ormai societaria. Non vi è dubbio che egli si era fatto un certo nome nel mondo internazionale... Lo si considerava un uomo di tenden– ze democratiche, un uomo di destra nella politica estera del fasèismo. 8 a Storia di un anno, p. 161. Si vedano gli sfoghi fatti da Mussolini con l'ambasciatore Can– talupo contro Grandi, proprio poco dopo che si era sbarazzato dell'uomo: CANTALUPO, Fu la Spagna, p. 42. Il solito MUNRO, Througb Fascism to World Power, pp. 257 sgg.; e la solita miss CullllEY, Italian Foreign Policy, pp. 282 sgg., presentano Mussolini e Grandi come eroi, i 251 Bibloteca Gino Bianco

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