Gaetano Salvemini - Preludio alla Seconda guerra mondiale

Preludio alla seconda guerra mondiale vedere tutto s1 riduceva a fare un,esplicita applicazione alla zona mediter– ranea degli artt. XI e XVI del Patto della Società delle Nazioni, i quali ob– bligavano ciascun membro della Società ad agire contro ·un aggressore ap– pena si rendesse colpevole di aggressione. Ma i negoziatori inglesi non vol– lero saperne (BD. pp. 183, 198). Le ragioni "buone" per quel rifiuto non mancavano. A che scopo of– frire nuove garanzie alla Francia, se essa non faceva che intascarle senza mai sentire accresciuto il proprio senso di sicurezza? (BD. p. 236). Inoltre gli americani rifiutavano di partecipare ad un patto con garanzie: qualsiasi patto di questo genere sarebbe stato respinto dal popolo e dal Senato degli Stati Uniti (BD. p. 276). Come poteva allora la Gran Bretagna impegnarsi, se gli Stati Uniti non facevano altrettanto? "Ammesso che fosse dichiarato un blocco dalla Società delle Nazioni contro un dato Stato nel Mediterraneo, l'America avrebbe potuto opporvisi" (BD. p. 268). La ragione "vera" della riluttanza inglese era che qualsiasi garanzia data dagl'inglesi al Governo francese nel Mediterraneo sarebbe stata interpretata come ostile all'Italia, ed essi non intendevano mettere in pericolo l'intesa anglo-italiana combinata da sir Austen Chamberlain, che aveva già dato alla Gran Bretagna i campi di petrolio di Mossul, e che era consona al concetto britannico dell'equili– brio delle potenze nel Mediterraneo e sul continente europeo. Naturalmente c,era una ragione "vera" anche per giustificare l'atteg-. giamento dei francesi. Chiedendo e non riuscendo ad ottenere una garanzia britannica contro una eventuale aggressione italiana, erano giustificati a concludere che non avrebbero dovuto ridurre la loro flotta allo stesso livello della flotta italiana. Furono trattate anche le questioni coloniali pendenti tra Francia e Ita– lia. I francesi desideravano separare le questioni coloniali dalla questione degli armamenti navali; gfitaliani intendevano associare colla soluzione del problema coloniale non solo l'accordo sugli armamenti ma anche la loro partecipazione ad un eventuale Patto mediterraneo (BD. pp. 241, 148-149). Per quanto riguarda il confine della Libia il Governo francese mostrava la sua abituale spilorceria, offrendo l'oasi di J elabo, in un deserto uguale ad un terzo della Tunisia, ma questa offerta era subordinata alla condizione che la Francia avrebbe avuto da allora in poi mano libera riguardo allo sta– tuto degli italiani in Tunisia. Grandi rifiutò: Perché i francesi non davano prove di pazienza in questa questione? Essa si sa– rebbe risolta un po' per volta da sé, dato che la Francia riusciva fin troppo bene ad assimilare rapidamente la popolazione italiana. L'Italia odiava i metodi usati dalla Francia per raggiungere questo scopo, ma non poteva dire neppure una parola, poiché essi corrispondevano esattamente a quelli che l'Italia stessa usava nell'Alto Adige (BD. pp. 362, 366, 370, 378). Dopo tre mesi di vane schermaglie, negoziatori americani, inglesi e giapponesi decisero di firmare un accordo a tre basato su princip1 analoghi a 212 Bib,ut vd Gino Bianco

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