Gaetano Salvemini - Preludio alla Seconda guerra mondiale

La Conferenza di Londra tuita dalla stampa italiana, la quale aveva, per cosf dire, un direttore unico" (BD. pp. 248, 263). Gl'inglesi furono informati che "alcuni fra gli elementi navali" della delegazione italiana parevano sperare che l'intero programma francese fosse adottato, perché qùesto avrebbe automaticamente portato ad una grande espansione della marina italiana, ma Mussolini desiderava frenare tale espan– sione, purché fosse riconosciuto il principio della parità (BD. pp. 252, 258). In altre parole, chiedeva la parità per placare i suoi "esperti navali"! Come abbiamo supposto a proposito degli accordi del 1925 (vedi p. 79), e come tutta la storia successiv_aconfermerà, Mussolini non poteva preten– dere che il Governo inglese sacrificasse i propri interessi per "appoggiare" la politica italiana, ma aveva il diritto di aspettarsi che il Governo inglese "non ostacolasse" la politica italiana quando nessun positivo interesse in– glese fosse in gioco. Questo spiega perché i francesi si trovarono innanzi a una negativa assoluta quando domandaropo che il Governo di Londra e con esso quello di Washington dichiarassero pubblicamente non esservi nes– suna giustificazione per la domanda italiana di parità, o almeno esercitassero una qualche pressione a Roma per mitigare l'intransigenza italiana. MacDo– nald protestò che "tutti potevano cavarsi dalla mente un'idea simile" (BD. p. 248); l'ambasciatore inglese a Roma, "non ebbe nessuna istruzione di fare raccomandazioni" (BD. p. 256; PA. pp. 64, 135-36). La ragione "buona" per questa inerzia fu che qualsiasi azione intra– presa in quel momento sarebbe stata quasi certamente male interpretata a Roma, e avrebbe fatto ricadere sulla Gran Bretagna o sugli Stati Uniti o su entrambi il risentimento dell'Italia contro la Francia (BD. p. 263). La ra– gione "vera" era che nessuno nell'Ammiragliato britannico aveva interesse a calmare quel risentimento. Mussolini era una manna, non solo per la marina militare francese, ma anche per l'Ammiragliato britannico. Minac– ciando la Francia, persuadeva i francesi a non indebolire la loro potenza navale, e per conseguenza anche gl'inglesi erano costretti a mantenere la loro. Tutto quello che i navalisti inglesi avevano da fare era lasciare che francesi e italiani si accapigliassero. Quanto a Henderson e MacDonald, il primo era certamente sincero nel suo desiderio di ottenere una riduzione generale degli armamenti navali (naturalmente dopo aver assicurato la superiorità navale britannica sulla Francia, e purché l'intesa Chamberlain-Mussolini del 1925 rimanesse in– tatta), mentre MacDonald aveva interesse soltanto a guadagnare l'applauso degli elettori britannici ai suoi eroici (seppure infruttuosi)_ sforzi per ottene– re la pace univer~ale. Si parlò anche del Patto Mediterraneo. Come abbiamo visto, Briand aveva dichiar:ato che si sarebbe accontentato di un semplice patto di amicizia e consultazione tra le potenze mediterranee, al quale non c'era alcun bisogno che partecipassero gl'inglesi. Ora i francesi proposero addirittura una garan– zia di assistenza militare in caso di aggressione. Secondo il loro modo di 211 Biblotèca Gino Bianco

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