Gaetano Salvemini - Preludio alla Seconda guerra mondiale

Preludio alla seconda gue"a mondiale navi fino a raggiungere effettivamente la parità con la Francia, ma si sareb– be accontentato che il principio della parità fosse accettato, purché ad un livello basso. In questo caso egli era disposto a consentire qualsiasi limita– zione negli armamenti navali e della Francia e dell'Italia. Ma a nessun patto la marina italiana sarebbe rimasta al di sotto di quella francese, per 240.000 tonnellate, come chiedeva il Governo francese. Il massimo margine di dif– ferenza, che avrebbe potuto consentire, era di 150.000 tonnellate. Dopo aver annunziato questa posizione dell'Italia, "sedette in silenzio da parte" e ri– mase estraneo alle discussioni (P A. 1930, pp. 26, 56). I francesi sostenevano che se essi avessero accettato allora il principio della parità, non avrebbero piu potuto rimetterlo in discussione, e quindi avrebbero dovuto assistere senza protestare a qualsiasi aumento nel tonnel– laggio della flotta italiana. Essi non potevano indebolire la loro potenza na– vale, mentre gl'italiani l'aumentavano. Una disparità tra la marina francese e italiana non era niente di nuovo. Il margine fra esse non si era modificato dopo il 1900. L'Italia aveva un solo mare in cui concentrare le sue navi, . mentre la Francia si affacciava anche sull'Oceano Atlantico, e doveva tener conto dei suoi possedimenti coloniali nell'Estremo Oriente, oltre che nel Me– diterraneo. In caso di guerra europea, il confine del Reno doveva essere dife- so in parte con truppe africane. Per questa ragione la traversata Marsiglia– Algeri era d'importanza vitale per la Francia, e le forze navali francesi concentrate nel Mediterraneo dovevano essere forti quanto bastasse per garantirne l'inviolabilità. Se la Francia riduceva la sua marina al livello di quella italiana, avrebbe lasciato senza protezione questa linea vitale. La ri– chiesta dell'Italia era in realtà di superiorità piu che di parità nel Mediter– raneo, perché in base all'uguaglianza di tonnellaggio, l'Italia avrebbe po, tuto radunare maggiori forze in quel mare. Inoltre la Germania utilizzava al massimo grado la sua flotta entro i limiti imposti dal Trattato di Ver– sailles, e questo era un fattore non trascurabile nella situazione generale. Il segretario di Stato americano, Stimson, che era capo della delegazio– ne americana, riassunse la controversia nelle parole seguenti: "L'Italia cerca di costringere la Francia a concedere una esplicita parità navale, mentre la Francia cerca di costringere l'Italia a concedere una esplicita inferiorità 1 N ' l' ' l' 1 ' d. . ' l' ' l' 1 nava e. e una ne a tra puo sperare 1 vmcere, ma ne una ne a tra cederà" (PA. 1930, pp. 64-5). I francesi dicevano che se avessero concesso parità all'Italia "il Governo francese sarebbe stato rovesciato in ventiquattr'ore" (BD. pp. 239, 247, 275). Grandi replicava che se egli non avesse insistito sulla parità "sarebbe stato ucciso alla prima stazione al di là del confine italiano" (BD. pp. 153, 275). Briand rispondeva che per l'Italia la parità navale con la Francia "era di– ventata una questione di prestigio" (BD. p. 303); "le mani della delegazio– ne italiana erano perfettamente libere, e tuttavia essa era piu rigida di qualsiasi altra delegazione" (BD. p. 305); "una delle sue difficoltà era costi- 210 Bibloteca Gino Bianco

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