Gaetano Salvemini - Preludio alla Seconda guerra mondiale

La parità navale italo-francese negoziati generali (BD. pp. 181-82, 200). Invece l'ambasciatore inglese a Roma annunciò (10 gennaio 1930) che in vista del rifiuto francese alla ri– chiesta italiana di parità, le conversaz1om tra la Francia e l'Italia erano cessate ( BD. p. 195). L'innocente Unione Europea di Briand fece le spese di quell'insuccesso. Grandi sfoderò un improvviso e sconfinato amore per la Società delle Na– zioni. A che cosa sarebbe servita un'Unione Europea quando c'era già la Società delle Nazioni, quella Società delle Nazioni alla quale l'Italia aveva sempre dato il suo piu cordiale appoggio? Il 12 gennaio 1930 in una seduta della Società delle Nazioni, Grandi dichiarò che l'Italia era disposta ad accettare l'idea dell'Unione Europea, ma alle seguenti condizioni: che non cozzasse contro le prerogative della Società delle Nazioni, che il disarmo universale fosse accettato con1e legge fondamentale e preliminare, che fosse assicurata uguaglianza di diritti e doveri a tutti gli Stati, ed in fine che la Russia e la Turchia fossero ammesse quali membri della Società. Anche il Popolo d'Italia fu trascinato da un'ondata di entusiasmo per la Società delle Nazioni: La partecipazione dell'Italia a queste discussioni, che possono concretarsi anche in definitive deliberazioni, non può essere dunque passiva o solamente decorativa. Peg– gio ancora se l'opinione pubblica italiana continuasse a mantenere un atteggiamento di ironica e scettica noncuranza dinanzi a questi problemi solo perché vengono di– scussi a Ginevra e alla Società delle Nazioni. Questa Società, è vero, ha dato piu volte l'impressione di essere piuttosto una semplice Accomandita anglo-francese, ma anche la Società, come tutte le opere umane, è suscettibile di modificazione e di perfezio– namenti (PI. 12-1-1930). Per essere giusti bisogna aggiungere che nessuno al mondo prese mai sul serio l'Unione Europea di Briand. NoTA. - Guariglia (Ricordi, pp. 86-87) parla di una convenzione fra Mussolini e l'ex Imperatrice Zita, grazie alla quale "il Governo italiano _si impegnava a darle un certo numero di milioni contro la restituzione del famoso brillante Il fiorentino, già appartenente alla Casa di Toscana, e della Bibbia miniata di Ercole d'Este, e l'impegno di astenersi da qualsiasi attività per rivendicare i diritti suoi e della sua discendenza alla corona austriaca." Ma la convenzione rimase sempre lettera morta, perché Il fio– rentino era sequestrato dai creditori, e l'Imperatrice "era riluttante a prendere l'impe– gno rinunziatario al quale in un primo momento aveva consentito." Mussolini "si mo– strò molto comprensivo" "anche perché forse pensò che fosse piu opportuno non scar– tare l'ipotesi di una restaurazione .austro-ungarica, se con questa si fosse potuto evitare l'Anschluss," Del resto il gesto rinunziatario dell'Imperatrice ".a nulla sarebbe valso, nel caso in cui veramente l'Europa avesse un giorno potuto perm~ttere a suo figlio di tornare sul trono." Tutto si ridusse pertanto alla con~egna del prezioso libro col pa– gamento di un milione. Il Guariglia non offre nessuna data. Io debbo alla cortesia del signor De Marinis le seguenti informazioni, favoritemi in lettera del 22 settembre 1951: "Non la Bibbia [di Borso d'Este], che fu venduta al sig. Gilbert Romeuf di Parigi (poi acquistata da Giovanni Treccani), ma il 'Breviario' di Ercole d'Este, l'Imperatrice Zita vendette .al Governo italiano per un milione. Fui io, infatti, insieme all'avv. De Charmant, legale 207 Bibloteca·Gino Bianco

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