Gaetano Salvemini - Preludio alla Seconda guerra mondiale

Prefazione Quest'opera ha impegnato S. piu di qualsiasi altro scritto, compreso i Magnati e Popolani, che segnarono l'inizio di' tutto un nuovo indirizzo sto– riografico italiano. Prescindendo dal lavoro compi"uto per la pri"ma edi"zione, quest'ultima. definitiva, ha ri'chi"estoil lavoro di piu anni·. Mentre spediva dall'America il manoscritto della traduzione italiana e nell'affacciare l'i'potesi di uno smarri– mento, il 18 aprile 1949 scri·veva: "Questo libro mi ha fatto buttar sangue per sei anni e ormai· lo odio. Vorrei non doverci pensar su per tutto il resto della mia vita." Invece non sapeva pi'u staccarsi da quest'opera, e, sempre accennando ad un eventuale smarri·mento, altra volta scriveva: "Se quel ma– noscritto va al di.avolo sto fresco!" Non ostante i'l proposito di non volersene occupare piu, al libro era ormai troppo attaccato, e non poteva affatto di'sinteressarsene. Ho già detto dell'incontentabilità di S. - "eterna i·ncontentabilità," lo di'ce egli' stesso - che lo faceva ritornare continuamente su quello che aveva scritto. E cosi nel luglio del 1948 la stesura del libro doveva considerarsi terminata; infatti an– nunciava l'i'nvio del manoscritto per essere scritto a macchina. Ma dò non vuol dire che non se ne occupasse pi·u. Sia durante la copiatura a macchina come durante la composizi'one tipografica continuamente scriveva per fare modi"fiche, aggi·unte, correzioni e perfino questioni di punteggiature; non solo, ma a volte rifaceva interi capitoli. Tutto questo era legato al fatto che i'l libro rappresentava la parte piu importante, direi essenziale, della sua campagna contro il fasdsmo, campagna condotta sopra tutto presso l'opinione pubblica degli altri paesi, per dif en– dere il popolo italiano e dichi'ararlo estraneo a quanto aveva fatto il fa– scismo, e perdò esente da ogni giudizio o trattamento malevole. Si· com– prende quindi come S. fosse attaccato a questo libro piu che agli altri e lo considerasse una delle due maggiori, se non addirittura la maggiore delle sue opere storiche. Cosi·cché dopo averci lavorato tanto il 9 gennaio 1952 poteva con sicura coscienza scri·vere a Laterza: "Nell'insieme credo di poter non essere scontento della mia fatt'ca. Chi" vorrà buttar giu il mio edificio, avrà parecchio lavoro da fare." Non s'i'ngannava! A. T. XVII BiblotecaGino Bianco

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