Gaetano Salvemini - Preludio alla Seconda guerra mondiale

Preludio alla seconda guerra mondiale i cattolici che qualunque alleanza coi socialisti era vietata dalla legge morale cattolica. Il dottor Binchy scrive: "Non mai Pio XI aveva dato una cosf evidente prova della sua ostilità al Partito popolare, e i sostenitori della lettera sebbene facessero notare che il Papa non aveva condannato il Partito, non potevano dissimulare il loro scoramento ... Ma il Papa continuò il suo attacco frontale con una circolare ai vescovi d'Italia, eccitandoli a dare istruzioni al clero che dovesse rimanere fuori di tutti i partiti politici, e so– prattutto astenersi dal collaborare a giornali di qualunque colore ... L'inter– vento di Pio XI dette al Partito popolare il colpo di grazia" (Church and State in Fascist ltaly, pp. 151-53). Gli ultimi mesi del 1926 furono fra i piu orribili nella guerra civile, che tormentava l'Italia da sei anni. Or proprio il 31 ottobre 1926 il legato pontificio cardinale Merry del Val mandò il suo omaggio da Assisi - il paese di S. Francesco - "all'uomo che tiene nelle mani le redini del go– verno d'Italia; visibilmente protetto da Dio, egli ha migliorato le sorti della nazione, aumentando il suo prestigio nel mondo." E due mesi dopo, il 20 dicembre 1926, Pio XI in persona annunziò che Mussolini era l'" uomo della Provvidenza." I negoziati, che dovevano condurre agli accordi lateranensi del 1929 erano stati iniziati proprio nel settembre 1926. Quando quelle trattative furono intavolate, il Vaticano aveva già fatto sulla Questione Romana tante concessioni all'inevitabile che restava da fare non piu che un passo per arrivare a una soluzione definitiva: il riconosci– mento formale del fatto compiuto, da parte del Papa. Questo fu il contributo di Mussolini alla soluzione della Questione Romana. Non fu un fatto insi– gnificante. La pacificazione formale è preferibile all'ostilità formale, anche se in realtà l'ostilità sia già sbollita. Ma è arbitrario attribuire all'ultimo venuto tutto il merito per un risultato che fu reso possibile dal lavoro e dalla sa– gacia di due generazioni italiane. Inoltre bisogna tener conto del fatto che prima del 1926 le concessioni fatte dai Papi al fatto compiuto non tennero mai dietro a negoziati in cui i governanti italiani abbiano fatto concessioni sostanziali. Essi rimanevano tranquilli lasciando che il tempo facesse la sua opera medicatrice. Invece gli accordi del Laterano del febbraio 1929 furono il risultato di lunghi nego– ziati, in cui furono fatte concessioni da entrambe le parti. Che cosa concesse Mussolini? Che cosa ottenne in cambio? 9 9 Nella primavera del 1922, il presente autore esaminò le recenti discussioni sulla Questione Romana, e concluse con le seguenti parole: "La chiusura della vertenza territoriale fra il Papa e l'Italia non merita di essere né sospirata come indispensabile, né condannata come dannosa, né disdegnata come del tutto inutile. È un frutto che va maturando. Non c'è nessuna urgenza di scuo– tere l'albero perché il frutto cada. Ad ogni modo, teniamo bene aperti gli occhi, affinché la utilità reale dell'avvenimento non sia esagerata. Non sarebbe il caso di pagare quella utilità ad un prez– zo troppo caro sul terreno di tutte le altre relazioni fra la Chiesa e lo Stato. Queste hanno ben maggiore importanza che il problema di sapere se il Papa debba essere l'utente o il sovrano dei Palazzi Vaticani. Frattanto rallegriamoci che venga riconosciuta finalmente dal Vaticano come in– crollabile quella unità nostra nazionale, che era una volta vituperata come opera infernale. Dopo aver resistito per mezzo secolo al fatale andare, l'alta gerarchia ecclesiastica riconosce che non le è piu conveniente perdurare in una lotta sterile e disperata. E ricerca una via di adattamento con le formazioni politiche emerse dai tempi nuovi" (Il Partito popolare e la Questione Romana, 190 Biblot vd Gino Bianco

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