Gaetano Salvemini - Preludio alla Seconda guerra mondiale

La "orazione" del 5 giugno 1928 Germania. I motivi del Duce furono rivelati con l'abituale maestria da Coppola: Se, infatti, la Francia ha un grande impero coloniale da difendere, noi sia pure con tutto il tempo necessario e con tutte le tappe piu sagge - abbiamo un impero coloniale da acquistare. A meno che non sia improvvisamente divenuto illegittimo per la sola Italia quello che sino a ieri (sino a dopo la guerra, nella spartizione del bottino tedesco e ottomano), è stato non solo legittimo, ma glorioso per la Francia stessa e per l'Inghilterra e anche pel Belgio, e prima per la Spagna, pel Portogallo e per l'Olanda. E il /ournal des Débats deve sapere benissimo che per acquistare occorrono maggiori forze che per difendere. Dunque, se .mai, se tutta questa storia del "disarmo" dovesse essere da vero una cosa obiettivamente seria, è proprio all'Italia che dovrebbero essere assegnate forze maggiori. Il meglio, a ogni modo, è sempre di non ipotecare I l'avvenire (T. 22-VIII-1928). Mentre lusingava la Società delle Nazioni e faceva offerte di disarmo a destra e a sinistra, Mussolini ricordò nella "orazione" del 5 giugno 1928 ai suoi ascoltatori che già nel 1921, quand'era deputato, e piu tardi in veste di Capo del Governo, egli aveva spesso affermato in discorsi ed interviste che "i trattati di pace non sono eterni." Il mondo cammina. I popoli si costituiscono, crescono, declinano, qualche volta muoiono: l'eternità di un trattato significherebbe che a un dato momento l'umanità, per un mostruoso prodigio, avrebbe subho un processo di mummificazione, in altri termini, sarebbe morta. Ci sono nei trattati di pace, dei grandi fatti compiuti, corri– spondenti a supreme ragioni di giustizia, fatti compiuti che tali restano e che nessuno di noi pensa a revocare e nemmeno a mettere in discussione. Ma ci sono nei trattati clausole territoriali, coloniali, finanziarie, sociali, che possono essere discusse, rivedute, migliorate allo scopo di prolungare la durata dei trattati stessi e, quindi, di assicurare un piu lungo periodo di pace. Complicazioni gravi saranno evitate se, rivedendo i trattati di pace laddove meritano d'essere riveduti, si darà nuovo e piu ampio respiro alla pace (PI. 5-VI-1928). Il Duce annunziò al mondo che favoriva i mezzi pacifici nella rev1s10ne dei trattati, ma aggiunse immediatamente che "la contraria ipotesi non si doveva escludere 11 ; per conseguenza, "nessuna persona in buona fede poteva meravigliarsi, se seguendo le orme degli altri Stati, anche l'Italia in– tendeva avere le forze armate necessarie per difender la sua esistenza e il suo futuro sviluppo." Cosi gli armamenti italiani avevano non solo il compito della difesa contro un eventuale attacco, ma anche quello di consentire "fu– turi sviluppi" nel promuovere la revisione di trattati, qualora i mezzi paci– fici fossero risultati inefficaci. Queste poche parole sulla "ipotesi contraria" erano come un pezzo di dinamite posto sotto l'intero disc0rso. Le richieste di "giuste" revisioni dei trattati diventano armi di guerra se non sono accompagnate dalla dichiarazione che in nessun caso le revi– sioni saranno imposte mediante guerra o minaccia di guerra, ma sempre si cercherà di ottenerle mediante negoziati pacifici. Se si rinuncia categorica– mente alla guerra quale strumento di revisione, si fa appello alla buona fede e alla buona volontà di tutte le persone ragionevoli, sia nel paese che 165 BiblotecaGino Bianco

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