Gaetano Salvemini - Preludio alla Seconda guerra mondiale

Capitolo diciassettesimo La "orazione" del 5 giugno 1928 Ben presto l'amicizia del Duce per la Turchia si diffuse su tutti 1 paesi del mondo. Parlando al Senato il 5 giugno 1928 il Duce si sgravò di un trat– tato di geografia universale, passando in rassegna tutti i paesi dell'universo, dal Giappone alla Spagna, dall'Afghanistan all'Inghilterra, dalla Persia al– l'Uruguay, dalla Cina agli Stati Uniti, profferendo amicizia a tutti. La Gran Bretagna era in prima linea tra gli amici: Quando si dice che l'amicizia fra l'Inghilterra e l'Italia è tradizionale, non si ri– pete un luogo comune, ma si esprime una realtà di fatto. L'amicizia fra i due popoli è profonda: intendo dire che essi non furono ma; divisi nel passato, collaborarono in– sieme alla pace, liquidarono lealmente l'unica pendenza coloniale esistente tra di loro; quella dell'Oltre Giuba. A Locarno, rinnovarono la loro stretta collaborazione politica ai fini della pace europea. Quando dico che l'amicizia fra i due paesi è profonda, in– tendo dire che questo sentimento non è limitato alle sfere necessariamente ristrette dei circoli responsabili, ma si estende alle masse vaste della popolazione. Il mutare degli uomini al Foreign Office (Ministero degli esteri britannico) non ha mai alterato questa situazione, la quale - evidentemente - risponde a ragioni d'ordine superiore ... Aggiungo che uno dei cardini di questa politica estera è l'amicizia coll'Inghilterra. Tale amicizia non ha bisogno di speciali protocolli per essere fortificata e perfezionata. A que– sto scopo tendono gli sforzi del Governo fascista (PI. 6-VI-1928). C'era è vero, chi accusava l"' eminente statista," che dirigeva il Foreign Office, cioè Sir Austen Chamberlain, di "avere incoraggiato l'imperialismo fascista" e "alcuni dei piu recenti avvenimenti" (vedi Albania) venivano spiegati "come frutto di una specie di autorizzazione che si diceva fosse stata concessa da Chamberlain alla politica italiana." Nulla di piu fantastico. "L'Italia di oggi non ha bisogno di chiedere simile autorizzazione per la sua politica estera." Diceva il vero. Non lui ma i suoi predecessori erano stati "autorizzati" nel 1921 a considerare l'Albania quale sfera d'influenza italiana; per conseguenza l'Italia di Mussolini non aveva bisogno di "ulte– riori autorizzazioni" eccettuato forse qualche discreta strizzatina d'occhio. Quando fu la volta della Francia, il Duce elencò "i punti che avevano dato origine a controversia" e che dovevano essere "liquidati": essenzial- 160 Bibloteca Gino Bianco

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