Gaetano Salvemini - Preludio alla Seconda guerra mondiale

Preludio alla seconda guerra mondiale Nazioni. Un fascista italiano, che viveva a Londra, quale insegnante di let– teratura italiana, e quindi sentiva le reazioni di quel pubblico, mise in guardia i suoi camerati in Italia contro i pericoli derivanti da manifestazioni troppo sincere. "I fattori sentimentali," spiegò, "non si potevano impune– mente ignorare. Era impossibile fare una propaganda utile se venivano trascurati. La Germania li aveva trascurati durante la guerra del 1914-18, e aveva pagato caro il suo errore. Ricordarsi che vulgus vult decipi, e che il volgo, ai fini di questo proverbio, com– prende a dir poco i quattro quinti dell'umanità. Ossia una porzione di umanità, che ha ben poca importanza nella politica internazionale, fino a tanto che questa venga fatta dagli esperti e dalle cancellerie, ma che diviene importantissima quando si tratta di farla muovere dalle cose tranquille e gettarla nel vortice d'una terribile guerra. Allora, si fa appello a ciò che in ogni singolo uomo è l'ideale piu disinte~essato e piu alto, e l'esito dell'impresa dipende in gran parte dal modo come quell'ideale è stato formato ed educato in precedenza. Ora si tratta, per l'Italia fascista, di prevenire il tranello mostruoso in cui forze internazionali ancora vive e possenti sperano di farla cadere prima o poi, e che già da un pezzo preparano con lunga ed occhiuta pazienza. Si cerca insomma, di imbottire i crani di molti milioni di europei con l'idea che l'Italia fascista sia una Potenza internazionalmente anarchica, violenta, senza Dio né legge, pronta a qualunque misfatto per sete di potere e di conquiste (PI. 22-V-1927). È strano che Mussolini non si sia reso conto piu presto delle necessità segnalate dal suo fedele in Inghilterra. La prima prova di un nuovo orientamento, tendente a creare a Ginevra un'atmosfera meno difficile, si ebbe quando Mussolini offd alla Società delle Nazioni il proprio patrocinio per un Istituto internazionale per l'unificazione del diritto privato, per una Unione internazionale per l'aiuto alle vittime di terremoti, inondazioni ed altri simili disastri non aventi nulla da fare con la guerra o col fascismo, e per un Consiglio internazionale per i fìlms istruttivi. Proprio mentre le urla della stampa italiana contro il Trattato franco– jugoslavo dell'll novembre 1927 raggiungevano il cielo (vedi p. 140), Briand flemmaticamente dichiarò alla Commissione degli affari esteri (15 novem– bre 1927) che un'intesa con l'Italia era possibile e necessaria. E il 30 novembre alla Camera dei deputati parlò di Mussolini con l'affettuosa indulgenza di un uomo esperto per un giovane rumoroso ma, in fondo, né cattivo né pericoloso. Suscitando sorrisi di comprensione nell'assemblea quando ricordò che Mussolini era stato amico della Francia durante la prima guerra mon– diale, continuò: Egli sostiene gli interessi del suo paese. Il suo paese ha desideri sconfinati. Il Capo del Governo italiano non li nasconde. È giusto che li renda di pubblica ragione. Forse qualche volta lo ha fatto con eccessiva energia (sorrisi). Ma non c'è motivo di lasciarsi troppo turbare da certe parole. Le parole non sono che parole, dopo tutto. Si susseguono rapidamente. Quando una parola è stata sgradevole, c'è da sperare che non mancheranno di seguirne altre di diversa intonazione (applausi e risa). Sono fer- 152 Bib o eca Gino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=