Gaetano Salvemini - Preludio alla Seconda guerra mondiale

Preludio alla seconda guerra mondiale anziché un paese come la Jugoslavia, forte abbastanza per difendersi d'ac– cordo con l'Italia contro la Germania. E in collegamento con quella banda di criminali operavano gli Stati Maggiori· delle Forze Armate che cerca– vano ragioni per aumentare le spese militari (e le conseguenti promozioni di grado) in una Italia istupidita dalla retorica nazionalista. La politica al– banese di Mussolini rendeva impossibile ogni intesa italo-jugoslava. Eccola spiegata. Le "folle aspettanti" - delle quali facevano parte senatori, de– putati, generali, nobiluomini deficienti, diplomatici, professori di università, e la malnata genfa dei giornalisti - provvedevano il coro. Essendosi incatenato ad una politica di inimicizie con la Jugoslavia, iI Duce doveva cercare intorno alla Jugoslavia paesi da mobilitare contro di essa. La diplomazia è l'arte di esser nemico del proprio v1c1no e amico degli altri vicini, cioè degli altri nemici, del proprio vicino. La Jugoslavia faceva parte, colla Cecoslovacchia e la Romania, della . Piccola Intesa. Questo sistema diplomatico era stato costruito nel 1920 per iniziativa del ministro cecoslovacco degli Affari esteri Benés, ed era stato favorito dal ministro degli Esteri italiano, Sforza. Essa non era diretta contro la Francia. Ma poiché era nata senza il patronato francese, fu con– siderata dapprima con un certo sospetto a Parigi. 3 Il Governo italiano non avrebbe avuto nessun interesse a fare della Piccola Intesa un sistema anti– italiano. Ma in conseguenza della politica slavofoba doveva mettere ogni impegno a sfasciare la Piccola Intesa per isolare la Jugoslavia e ridurla ad arrendersi. Non aveva speranza con la Cecoslovacchia. Tentò con la Romania. Il 16 settembre 1926, mentre il primo trattato di Tirana era preparato, il generale Averescu, che era salito al potere in Bucarest nell'aprile 1926, come capo di un partito analogo al Partito fa– scista italiano, firmò con Mussolini un "Patto di amicizia." Ma questo trattato veniva dopo una convenzione polacco-romena (3 giugno 1926) che era esplicitamente basata sulla cooperazione dell'esercito francese con quelli della Polonia e della Romania. Inoltre un Trattato di alleanza era stato firmato tra Francia e Romania (10 giugno 1926). Non c'era nessuna base, perciò, per sperare che il Patto di amicizia italo-romena potesse trascinare la Romania fuori dell'orbìta francese, e quindi fuori della Piccola Intesa. Eppure questo "pezzo di carta" fu presentato dal giornalismo fascista come "il lungamente preparato elemento di un piano politico costruttivo," e come caparra della "fratellanza fra i latini della Dacia e quelli della loro antica metropoli" (T. 17-IX-1926). Il risultato di questo maneggio affannoso e inconcludente era che quanto piu il Duce cercava di sfasciare la Piccola Intesa, tanto piu questa si avvici– nava alla Francia. E piu il Governo francese era seccato dai maneggi di 3 MACARTNEY e CREMONA, pp. 192-99. 144 Bibloteca Gino Bianco

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