Gaetano Salvemini - Preludio alla Seconda guerra mondiale

Albania dra l'idea non piacque. Dissero a Mussolini "in tono amichevole": "Invece di sprecare tante forze e tanto denaro in un paese cosi lontano dall'Italia, perché non cercate una penetrazione pacifica molto piu vicina? Che ne dite dell'Albania? Il Governo britannico lascerebbe all'Italia mano libera." Mus– solini decise di rinviare la soluzione del problema etiopico a momento piu propizio. Questo fatto è ricordato anche nell'attendibile opera di Macartney e Cremona, ltaly's Foreign and Colonial Policy, p. 290. E sta il fatto che il Foreign Office non fece mai ostacolo alla politica albanese di Mussolini, fino al giugno 1940, cioè finché costui dichiarò guerra alla Gran Bretagna. Gli accordi verbali fra sir Austen e Mussolini furono presi, probabilmente, nel settembre 1926 quando i due s'incontrarono a Livorno. 5 Come dice un buon osser".atore degli affari italiani, "fu questa l'età dell'oro nei rapporti anglo-italiani": Mussolini trovò in Sir Austen Chamberlain un collega pieno di simpatia, con cui poteva collaborare intimamente. Uno dei giochi preferiti a Roma era chiedere scher– zosamente: "Chi è il ministro degli esteri italiano?" Quando veniva la risposta: "È il ministro degli esteri inglese," l'interrogante riprendeva: "Possa rimaner tale per lungo tempo. " 6 Il successo del Duce nella questione albanese è innegabile. Ma il Duce bruciò un bosco per cuocere un uovo. La notizia del Trattato di Tirana su– scitò sdegno universale in Jugoslavia. Il primo ministro Nincich si dimise, dopo aver dichiarato pubblicamente che una politica d'intesa fra Italia e Jugoslavia era divenuta impossibile. Il Quai d'Orsay non poteva dare un appoggio positivo al Governo ju– goslavo senza provocare una nuova crisi nei rapporti italo-francesi, proprio nel momento in cui Mussolini pareva disposto a metter giudizio dopo l'af~ fare Garibaldi. D'altra parte la stampa conservatrice britannica assunse nel~ la questione albanese un atteggiamento di neutralità, solo mitigato da flebili auguri che i due paesi trovassero modo di raggiungere un accordo in trat– tative dirette. Era chiaro che in una politica di resistenza, il Quai d'Orsay si sarebbe trovato solo. Briand preferi guadagnar tempo, e lasciò alla stam– pa francese il compito di esprimere in forma non ufficiale le condoglianze che egli non poteva presentare ufficialmente al Governo di Belgrado. Quelle condoglianze della stampa francese dettero nuova esca alla fran– cofobia della stampa italiana: "-La Francia," commentò La Tribuna, "vuo– le stringere un anello di ferro intorno al petto dell'Italia" (8-XII-1926). Il Giornale d'Italia annunziò: 5 Secondo PETRIE, Life and Letters of A. Chamberlain, II, p. 330, la conversazione "ri– guardò la situazione generale, ma fu un semplice scambio di vedute"; "certo non avvenne nulla che giustificasse le fantastiche interpretazioni che ne furono date in molti ambienti"; sir Austen in persona, "per far tacere la voce che l'incontro avesse avuto scopi reconditi," dichiarò in un'intervista con un giornale inglese: "È contrario alla mia concezione della politica internazio– nale che i buoni rapporti tra due nazioni si debbano considerare dannosi agli interessi di un'al– tra." Molto probabilmente sir Austen e il suo biografo pensavano che i buoni rapporti anglo-italia– ni fossero non dannosi ma utili tanto all'Albania quanto alla Jugoslavia. 6 MACARTNEY, One man alone, p. 8. 137 BiblotecaGino Bianco

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