Gaetano Salvemini - Preludio alla Seconda guerra mondiale

Albania luzione dei grandi problemi, poteva almeno affidarle problemi minori come quello. Era solamente necessario togliere la questione albanese dalle mani degli albanesi, jugoslavi, greci e italiani. Un'Albania incivilita dopo mezzo secolo di amministrazione internazionale, avrebbe potuto diventare un pre– zioso fattore di pace nella penisola balcanica. Qualche milione all'anno im- · piegato in quel paese da ciascuna fra le maggiori potenze appartenenti alla Società delle Nazioni sarebbe stato un buon investimento. I complotti e i contro complotti della diplomazia tradizionale resero necessario sperperare molti piu milioni in "precauzioni" militari che non evitarono nessun guaio. Nessun paese aveva da guadagnare piu che l'Italia dall'avere al di là del- 1'Adriatico un'Albania esente da disordini e intrighi. Data la vicinanza ad un'Albania indipendente e neutralizzata, l'Italia vi avrebbe certamente ac– quistato un'influenza economica e morale predominante. Purtroppo, siffatta soluzione del problema richiedeva uno sforzo d'im– maginazione e di buona volontà superiore a quello che potevano dare i diplomatici normali. Jugoslavi e greci gridavano in coro: "I Balcani per i popoli balcanici," e volevano dire: "Lasciateci spartire l'Albania fra noj." E gli italiani, convinti che l'Albania dovesse essere per l'Italia ciò, che la Tunisia era per la Francia, sostenevano la "indipendenza" dell'Albania con– tro i greci e gli jugoslavi come la corda sostiene l'impiccato. Chiunque aves– se proposto l'intervento della Società delle Nazioni nella questione si sareb– be trovato di fronte ad un fronte unico italo-greco-jugoslavo; beninteso che non appena la Società fosse stata messa fuori, la triplice sarebbe sfumata, cedendo il posto ad una lotta fra i tre. Il Governo di Roma aveva ottenuto su quel paese da Lo~dra e da Pa– rigi il riconoscimento di un protettorato, camuffato sotto altre parole (vedi sopra p. 21). Traendo profitto da questo stato giuridico, Mussolini avrebbe lavorato a vantaggio tanto dell'Italia quanto dell'Albania, se avesse intra– preso lui l'opera di organizzazione e di educazione, di cui la Società delle Nazioni non si curava. Ma nessuno poteva pretendere che il Duce seguisse col popolo albanese metodi diversi da quelli che usava col popolo italiano. Nel giugno 1924, quando splendeva ancora la luna dell'accordo italo– jugoslavo (vedi p. 61), i Governi di Roma e di Belgrado si erano impegnati a non immischiarsi nelle lotte interne dell'Albania. Il capo del Governo al– banese, il vescovo ortodosso Fan Noli, aveva l'appoggio del popolo minuto e dei piccoli agricoltori contro i Bey. Questi perciò accusavano quel buon servo di Dio come "bolscevico," che facesse la corte a Mosca e ricevesse sus– sidi dalla Terza Internazionale. I maomettani, che costituivano la maggio– ranza della popolazione, lo tenevano in sospetto come vescovo ortodosso. Eppoi Fan Noli era uno spietato esattore di tasse. Uno dei Bey, Ahmed Zogu, fuggito in Jugoslavia, vi armò alcune ban– de non certo all'insaputa del Governo di Belgrado, invase l'Albania (dicem– bre 1924) e occupò la capitale Tirana. Dopo di che mostrò la sua gratitu– dire a Nincich, ministro degli Esteri della Jugoslavia, offrendogli sul con- 133 BiblotecaGino Bianco

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