Gaetano Salvemini - Preludio alla Seconda guerra mondiale

Un viaggio verso l'avvenire sia stato consigliato al Duce dagl'inglesi, ma ritiene probabile che le voci, che preoccuparono la Turchia, siano state diffuse ad arte da Londra. Ci in– forma pure che il Governo di Parigi parlò "esplicitamente" dell'Anatolia come paese aperto alla iniziativa italiana. Era come offrire la pelle dell'orso. E "ad onore del vero, malgrado le apparenze, Mussolini non si lasciò mai trascinare dal miraggio anatolico, e non lo prese mai sul serio." Perché allora quella campagna di stampa .che lo stesso Guariglia definisce "sciocca"? Guariglià non vede in quel baccano e in quel viaggio se non "uno dei vari servigi gratuiti resi da Mussolini allo straniero (e cioè a volte all'Inghilterra, a volte alla Francia, a volte alla Germania) per incomprensione delle con– seguenze che potevano avere all'estero certi suoi gesti, di cui calcolava gli effetti piuttosto nella politica interna." Non si può per altro escludere asso– lutamente la domanda se quel servizio sia stato reso da Mussolini proprio gratuitamente a sir Austen, o piuttosto in vista di qualche analogo servizio promesso, altrove: per esempio nella questione albanese, della quale presto dovremo occuparei. Una risposta a siffatta domanda non sarà forse mai possibile darla: certi scambi di idee e di servizi, specialmente se si tratta di cattive azioni, non lasciano traccia nei documenti scritti. Il viaggio nell'avvenire era appena finito, quando risorse la questione del Marocco. Qui, Abdel-Krim, un ribelle che da anni resisteva alle truppe francesi e spagnole, si arrese. I Governi di Parigi e di Madrid decisero di riesaminare il problema del Marocco in una conferenza franco-spagnola. Mussolini si fece avanti. Una conferenza franco-spagnola non bastava; occorreva una con– ferenza internazionale, alla quale l'Italia aveva il diritto di partecipare come a qualunque conferenza su la questione marocchina. Parlando alla Camera dei Deputati fra.ncese (11 giugno), Briand dichiarò che "nulla" poteva giu– stificare la convocazione di una conferenza internazionale. Dato che quello era l'anno napoleonico, il Duce avrebbe dovuto chia– mare il popolo italiano alle armi. Si contentò di costituire con Primo de Rivera un fronte unico, firmando (7 agosto 1926) un trattato decennale di amicizia, di conciliazione e di neutralità. Il trattato, scrive Guariglia, non ebbe "nessuna vera importanza politica" (Ricordi, p. 52). Ma fu salutato nella stampa fascista come l'alba di una nuova èra nella politica mediterra– nea. La linea tra le Baleari e la Sardegna avrebbe tagliato la linea Tolone– Biserta, e per sopramercato la politica dell'Italia e quella della Spagna nell'America del Sud avrebbero proceduto su linee parallele. Questa politica autonoma - affermò solennemente la Tribuna - può non pia– cere ad altri, che tendono alla cristallizzazione di posizioni egemoniche, e cosf si spiegano certi commenti agrodolci; ma questa autonomia che coincide con la de– cisione della politica dell 'I talia fascista è un fatto insopprimibile ( 18-VIII-1926). La infelice Società delle Nazioni pagò le spese del trionfo spagnolo. 107 BiblotecaGino Bianco

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