Gaetano Salvemini - Preludio alla Seconda guerra mondiale

Bib • Preludio alla seconda guerra mondia_le che l'Italia non subirà mai violazioni di quei trattati di pace che le garantiscono le frontiere conquistate a prezzo durissimo di sangue. "C ' " . . 1 " osi, commentava uno stonco 1ng ese, con una carattensttca osten- tazione di aggressività, Mussolini convertl una tremenda minaccia di pren– dere l'offensiva in un'innocua dichiarazione che si sarebbe difeso se fosse stato attaccato da altri. 118 Mussolini non faceva mai le cose a metà. Non contento della nobile dichiarazione del 1O febbraio, assicurò il Ministro austriaco a Roma che "nessun soldato italiano avrebbe mai passato il Brennero." Quindi il Go– verno di Vienna non ebbe piu bisogno di disturbare la Società delle Na– z10m. Verso la fine di febbraio ci dev'essere stato un momento, in cui il Duce sperò di strappare qualche concessione al Governo francese. Infatti, in una intervista col Ministro austriaco a Roma, disse che l'Italia non avrebbe mai appoggiato alcun piano di unione dell'Austria alla Germania,9 e il 27 feb– braio, in un'inte!vista col Petit Parisien, cantò sotto la finestra della Francia la seguente serenata antigermanica: Era indispensabile denunciare questa minaccia di pangermanismo. Quella gente non ha dimenticato niente, non si è rassegnata. a niente ed è ancora attaccata ai suoi sogni d'ieri. Il pericolo germanico dovrebbe avvicinare sempre di piu l'Italia e la Francia. I loro interessi sono identici. Non c'è alcuna questione grave che le separi. Col loro blocco compatto di 80 milioni di uomini, che controbilanciano il blocco ger– manico, Francia e Italia insieme possono imporre la pace. La serenata risultò infruttuosa, e l'ondata d'isterismo francofobo con– tinuò a imperversare. I funzionari permanenti del Ministero degli esteri, che Mussolini aveva ereditati dal regime prefascista - uomini come il segretario generale Con– tarini, e il direttore generale per gli affari mediterranei e coloniali, Guariglia - trovavano che, mostrandosi preoccupati per il pericolo che la "quantità incognita" in un accesso di impulsività provocasse un vero e proprio guer– rone coi fiocchi, potevano ottenere dalla stupidità e dalla paura altrui quel che sarebbe stato vano domandare alla loro saggezza e spirito di giustizia: Mussolini, minacciando di "fare il pazzo," otteneva quel che un uomo ragionevole non si sarebbe mai sognato di domandare. Con quella tecnica c'era certamente rischio di qualche guaio serio; ma c'erano sempre loro a spiegare che l'uomo, dopo tutto, si poteva ·ridurre alla ragione contentandolo in qualche capriccio. Anche i diplomatici non italiani, nei momenti in cui camminavano a braccetto di Mussolini, mettevano a profitto il pericolo che Mussolini "facesse il pazzo" per raccomandare pa:zienza, remissività e con– cessioni... agli altri. 98 8 ToYNBEE, Survey of International Affairs, 1927, p. 199. 9 ToYNBEE, Survey of International Affairs, 1927, p. 200. a Gino Bianco

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