Gaetano Salvemini - Preludio alla Seconda guerra mondiale

Italia e Francia liano ne avrebbe approfittato tanto piu, quanto migliori sarebbero state le sue relazioni con tutti gli altri paesi, cioè se non avesse dovuto domandare e pagare agli uni la loro solidarietà contro gli altri. E anche allora un buon trattato, che assicurasse porta aperta al commercio e al lavoro italiano in co– lonie amministrate da altri paesi, sarebbe stato preferibile all'acquisto di territori o non adatti al lavoro di bianchi o richiedenti ampio apporto di capitali. Il problema dei mandati non riguardava soltanto il Governo francese. Riguardava anche ,il Governo britannico, il quale aveva ingurgitato due terzi delle colonie germaniche in Africa, mentre la Francia ne aveva inghiottito solo un terzo. Sulla stessa proporzione era stata basata la divisione dei ter– ritori posseduti in passato dalla Turchia nel vicino Oriente. Era bene, quindi, che J ohn Bull non si illudesse che l'Italia lo lasciasse in pace per sempre. Non c'era nessuna ragione perché i fascisti dovessero trascurare le colonie inglesi per concentrare tutte le loro aspirazioni sulle francesi. Il tem– po e le circostanze avrebbero indicato le mete e i limiti. Giotto Dainelli, professore di geografia all'Università di Firenze, parlando il 21 aprile 1926 alla presenza del principe ereditario e di altri tre principi della fami– glia reale, ammonf che non bisogna pensare che il problema coloniale si localizzi in una esigua zona di terra; non bisogna polarizzare il nostro pensiero, non fissare il nostro sguardo in un unico punto dell'orizzonte (S. 22-IV-1926). Questo non toglieva che le colonie francesi fossero il bersaglio preferito dalla propaganda mussoliniana. Per comprendere questa preferenza, bisogna tener conto di quelli che Bismarck chiamò gli "imponderabili," e meglio si potrebbero chiamare umana stupidità. Anche prima della guerra del 1914-18, era dogma per i nazionalisti italiani che la Francia fosse un paese corrotto, la cui energia fosse minata dalla natalità decrescente e che, per conseguenza, l'Italia fosse destinata a soppiantare la Francia quale potenza latina predo– minante. Questa dottrina, i cui precedenti si trovano già in Italia nel secolo XVIII, e poi nella prima metà del secolo XIX in Mazzini e Gioberti, si andò coagulando e sistemando dal 1870 in poi, parallela alla tedescofilia. 6 Subf una temporanea eclisse durante la guerra del 1914-18, dato che Italia e Francia erano alleate. Finita la guerra, i nazionalisti la rimisero in circola– ziòne, e i fascisti se la appropriarono in pieno, come fecero di tutti gli altri "slogans" dei loro precursori e maestri. La Francia, dunque, era in Europa per l'Italia il ·punto di minor resistenza, mentre l'Impero britannico era ri– tenuto ancora troppo forte perché si potesse sfidarlo. A questo primo ed essenziale imponderabile parecchi altri se ne ag– giungevano. Fin dal momento dell'avvento al potere, il fascismo italiano 6 CHABOD, Storia della politica estera italiana dal 1870 al 1896, I, pp. 5 sgg. 85 BiblotecaGino Bianco

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