Gaetano Salvemini - Come siamo andati in Libia

Tripoli e l'Estrema raneo al Mar Rosso; evidentemente egli non sa né dove sia il Mediterraneo, né dove sia Tripoli, né dove sia il Mar Rosso, né dove sia l'Italia, né che cosa sia una via commerciale. È professore di sociologia. Naturalmente Tripoli sarebbe il paradiso terrestre per i nostri emigranti, i quali - guarda che imbecilli! - non se ne sono ancora avvisti e preferiscono andarsene in America a " perdere la impronta italiana." E pensare che la madre patria li riduce con le tasse alla miseria app'unto per farli emigrare, ed essi - gl'immemori - perdono l'impronta italiana! Bisogna andare a Tripoli~ anche perché Mazzini, Cattaneo, Garibaldi, Cavalloni, Bovio e Tito Livio Cianchettini "additarono unanimi il compito dell'Italia sulle coste africane del Mediterraneo." Quale sia questo compito, egli non dice: dice solo che non deve essere militare, ma bisogna che l'occupazione sia militare, sebbene la spedizione militare sia di poca o nessuna importanza : ibis, redibis, non morieris in bello. On. Barzilai, soprannominato "Latin sangue gentile": a proposito di Tripoli parla•... della Triplice Alleanza: tanto a Tripoli non ci si va,... per ora, e quindi è meglio occuparsi d'altro in questo ritaglio di -tempo. Ad ogni buon conto noi non dobbiamo permettere che altri vada a Tripoli, perché non dobbiamo disinteressarci dell'equilibrio del Mediterraneo (!); l'equilibrio, per altro, bisogna difenderlo coi mezzi diplomatici, i quali mezzi diplomatici, se non sono appoggiati dalla dichiarazione seria di essere pronti a menar le mani, non sono buoni ad altro che a far prendere in giro chi li adopera. La logica, evidentemente, non è il forte di questo discorso: ma quando ci si trova presi fra l'incudine della megalomania e il martello dell'avversione popolare, non si ha nessun dovere di essere logici. Peccato che non si parli invece della Triplice, di Trento, di Trieste. · On. De Felice: vorrebbe che il problema fosse meglio studiato. Ecco finalmente un uomo che parla un po' sul serio. Da una parte le notizie dalla Tripolitania e dalla Cirenaica sono "ottime," e ritiene a ragione che, rebus sic stantibus, se altro non vi è in contrario, sarebbe sci6cco lasciarsi sfuggire il boccpne; anche l'Eritrea, se davvero ci fossero le famigerate miniere aurifere, meriterebbe tutti i nostri affetti anche dopo, anzi piu che mai dopo la strage di Abba Garima. Ma di fronte al lucro non ci sono svantaggi? E questi svantaggi quale consistenza hanno? Bisognerebbe dunque studiare meglio il problema e non parlare a vanvera. Ma anche De Felice non sa sottrarsi al solito dottrinarismo antiespansionista; se l'impresa tripolina richiede una vera conquista militare, egli la combatte. Perché? Se c'è da ricavarne davvero dei vantaggi, perché non si dovrebbe procedere anche all'occupazione militare, dato che questa fosse necessaria? Dopo di questo i discorsi continuano per un pezzo e si rassomigliano: chi dice che Tripoli è ricca e chi dice che è povera; Marcora esclude le imprese militariste, ma ritiene che l'Italia debba occupare militarmente Tripoli; nessuno vuole che ci vada un'altra potenza, ma nessuno si arrischia a dire che l'unico modo per intercettare la via ad un'altra potenza è quella di prenderle il passo. Gattorno si ricorda che un secolo addietro, quando non gli era ancora ere21 Biblioteca.Gino Bianco

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