Gaetano Salvemini - Come siamo andati in Libia

Prefazione Salvemini che ormai, -presala decisione della guerra alla Turchia, "la prima fase della questione tripolina" è chiusa; "in questo momento si tratta di operazioni navali militari e diplomatiche e nelle quali non abbiamo nulla da dire." La questione tornerà attuale quando sia stata risolta " politicamente e militarmente," ossia quando sia stato "ottenuto il successo, conclusa la pace." 21 Ma Salvemini non era della stessa idea e il 6 ottobre, a guer.ra iniziata, scrivendo a Prezzolini, dichiara che "il paese deve ormai lasciar libertà assoluta al Governo, quali che siano le nostre opinioni sulle origini e sulla utilità e sui pericoli dell'im-presa... Ma non basta... Voi vorreste fermarvi qui, considerando recriminazioni, o storia, ogni documentazione delle bugie e delle falsificazioni che ci han condotto a Tripoli. lo affermo che dobbiamo occuparcene• in ogni numero, per sfrondare le illusioni, per dare ai nostri lettori il senso della realtà vera, pur continuando a dire che quale che sia questa realtà, al punto a cui sono le cose, l'Italia deve agire vi'gorosamente e seriamente per uscire con dignità e -profitto dall'attuale situazi·one militare e diplomatica ... Dobbiamo parlare e di're la verità: 1) affinché in caso di insuccesso appaiano bene le responsabilità; 2) affinché in caso di successo militare e diplomatico il paese stabilisca a ragion veduta il suo -programma d'azione laggiu. Bisogna parlare subito, mentre si combatte, per -preparare gli animi. Le idee non si im-provvisano dalla sera alla mattina ... Una parte degli amici della Voce trova che io devo tacere su ciò che credo piu urgente dire: essi trovano piu opportuno occuparsi dei ci-pressidi San Guido che di Tripoli." Ma "quel che non posso inghiottire, è e he io debba tacere: cioè debba rendermi complice silenzioso delle falsificazioni altrui ... Per conto mio, non avrei difficoltà ad accettare qualunque generale Govone e qualunque cipresso di San Guido, purché ci sia tutto il Tripoli che è necessario... Ma tacere, mai, mai." E qualora avesse dovuto tacere si sarebbe staccato dalla Voce. "lo ti assicuro che staccarmi dalla Voce sarà per me un dolore infinito. La Voce è un po' anche casa mia. Ma col mio dovere non posso transigere. E il mio dovere oggi è: o parlare sem-pre, in ogni numero, di Tripoli, finché non abbia vuotato il sacco, o non parlare di nulla." 22 Alle argomentazioni e alle insistenze di Salvemini A mendala riconfermò il suo punto di vista che "nella fase attuale della questione tripolina" non vedeva cosa ci fosse da fare, e mentre Prezzolini era forse propenso ad accontentare Salvemini, Amendola riusd a persuaderlo a non lasciarsi trascinare sulla china e resistere a Salvemini "scontentandolo." 23 Di fronte all'intenzione di quest'ultimo di ritirarsi dalla Voce cercò di trattenerlo invitand alo ad occuparsi del suffragio universale, che poteva "essere facilmente dilazionato e seppellito " da una concentrazione liberale.24 Non erano questi gli argomenti che potevano persuadere Salvemini, il quale interruppe la colla21 EVA KHUN AMENDOLA, Vita àm Giovanni Amendola, Firenze, Parenti, 1960, pp. 297, 301. 22 G. PREZZOLINI, Il tempo della "Voce," cit., pp. 441 sgg. XIV 23 E. K. AMENDOLA, Vita con Giovanni Amendola, cit., pp. 300, 309. 24 Ibidem, p. 298. BibliotecaGino Bianco

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