Gaetano Salvemini - Come siamo andati in Libia

Prefazione borazione alla Voce e fondò un settimanale, L'Unità, sul quale, insieme a molti altri -problemi concreti, poté, senza alcuna limitazione, sfogarsi a dimostrare la falsità di tutte le "corbellerie giornalistiche" che avevano circo-- lato abbondantemente in quell'anno. La questione libica quindi occupò largo spazio, e non soltanto l'aspetto economz·co, ma anche quello politico e quello dell'organizzazione futura. Ormai la politica estera occupava una gran parte dell'attività di Salvemini, poiché dopo l'impresa libica vennero le crisi balcaniche, con tutte le guestioni connesse alla futura sistemazione di quella regione, Albania com-presa, e cioè uno dei -problemi piu delirati dei rapporti nostri con l'Austria. Di conseguenza veniva sollevato anche il problema delle nostre alleanze, trattato largamente sulle pagine dell'Unità anche da altri, in particolare Ubaldo Formentini, ma sviscerato in tutti i suoi aspetti da Salvemini. Poi venne la guerra europea e durante i quasi dieci mesi della nostra neutralità, il -problema del nostro intervento in guerra a fianco dell'Intesa divenne il -problema -primo, se non l'unico. A questo -proposito vale la pena ripeiere quello che Un Unitario scrisse su La Rivoluzione liberale di Gobetti. "Data una mentalità come quella del Salvemini e di cui tutto l'indirizzo del suo g1:ornaleera stato sem-pre impegnato, scarsa efficacia potevano avere su di esra le frasi vaghe circa la necessità per l'Italia di non essere assente; e neppure potevano avere valore decisivo i motivi· sentimentali contro la crudeltà e la barbarie dei tedeschi invasori del Belgio. Occorreva, invèce, che, per agire, fossero esposti fini concreti e precisi, ispirati all'interesse dell'Italia, oltre che alle ragioni dell'umanità. E questi fini furono essenzialmente due .. Il -primo - e il piu decisivo - fu quello di impedire l'egemonia incontrastabile che la vittoria avrebbe dato alla Germania, egemonia che avrebbe _significato per l'Italia una vera schiavitu, data la mentalità tedesca d'anteguerra e aggi,untovi il fatto che saremmo stati trattati come traditori per non essere scesi in guerra al fianco dei tedeschi. Il secondo fine era quello di apprqfittare di una guerra - non da noi voluta né scatenata ma che avrebbe portata una nuova sistemazione nell'assetto territoriale dell'Europa, durevole per molti anni - per raggi,ungere i nostri confini naturali, riunire alla nazione gl'italiani ancora soggetti all'Austria, migliorare la nostra posizione strategica nell'Adriatico. Fissati questi fini, e ri'conosciuta la necessità di partecipare alla guerra, a fianco della Triplice Intesa per raggiungerli, il contegno dell'Unità non si confuse con quello di coloro che spinsero alla guerra mondiale con gli stessi motivi che L'Unità tanto aveva deplorati per la guerra libica ( rettorica, falsificazioni, calcoli piu che rosei sulla facilità e brevità della guerra)." 25 Allo scoppio della guerra mondiale si arrestano gli scritti raccolti in questo volume, ma ormai la politica estera era diventata uno degli interessi prevalenti di Salvemini. Durante la guerra mondiale se ne occupò ancora 25 Polemica interventista, in " La Rivoluzione liberale," 6 nov. 1923. xv BibliotecaGino Bianco

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