Gaetano Salvemini - Come siamo andati in Libia

Colonia e Madre Patria chezze che questa nuova colonia imporrà alla economia tutt'altro che robusta della madre patria. Di questo sperpero improduttivo di ricchezza una parte, ora.mai, non si può evitare ed è quello che discende dal fatto della conquista e della occupazione militare irrevocabile. Perché ci occorrerà caricare da ora in poi il bilancio del nostro Stato, già cosI avaro pei tanti e tanti bisogni civili della madrepatria, di parecchie decine di milioni annui a causa della occupazione militare e della guerriglia, che dovremo a lungo combattere con quella popolazione indigena, la quale secondo i nazionalisti "ci aspettava a braccia aperte," e "aveva preparato le bandierine." Di queste spese - l'abbiamo detto nel primo numero dell'Unità e lo ripetiamo ora - noi non dobbiamo troppo lamentarci, perché in grazia di esse abbiamo acquistato la coscienza di possedere capacità di organizzazione, di azione, di disciplina, meno scarse di quelle che ci attribuivamo. E - ripetiamo anche questo - se complicazioni internazionali non intervengono a farci perdere da un lato piu che non avremo guadagnato dall'altro, e speriamo con tutto il cuore che ciò non sia!; u il successo, che auguriamo completo, di quest'impresa non ci ubbriacherà, spingendoci a pazzie irreparabili; se finita la guerra il paese saprà resistere alle suggestioni di chi per interessi privati o per falsa visione della realtà vorrebbe fare dimenticare per i bisogni della nuova colonia i bisogni della madre patria; la conquista di ·Tripoli, per quanto ingiusta dal punto di vista della moralità assoluta, per quanto dannosa dal semplice punto di vista dei nostri interessi materiali, dovremo tutti alla fine considerarla dal punto di vista morale coÌne un grande benefizio pel nostro paese. Ma questo benefizio morale, oramai, lo abbiamo raggiunto, e lo abbiamo pagato. Ora dovrebbe bastare. Occupati i paesi della costa; assicuratici cosI dal famoso pericolo che ci andasse "qualche altro" in vece nostra; reso omaggio a quelle altrettanto impressionanti quanto misteriose "ragioni politiche" le quali facevano obbligo all'Italia di saltare sulle arene libiche colla spada in mano e gridare (a chi?): Di qui non si passa, secondo il falsario che fabbricò la lettera di Crispi a Camperio; ricavato dall'impresa tutto quel benefizio morale che grazie alla virtu del nostro popolo ci è stato procurato dalla resistenza indigena non preveduta dai nazionalisti; deve essere evidente oramai a tutti coloro, a cui l'elmo di Scipio non ha fatto perdere la testa, che nella occupazione militare dobbiamo lasciarci guidare esclusivamente da criteri di tornaconto· economico. Dobbiamo spingerci militarmente all'interno solo se e in quanto la colonia meriti economicamente di essere occupata: cioè la penetrazione militare verso l'interno deve essere in funzione del programma di sfruttamento e di organizz~zione economica della colonia stessa. 149 Biblioteca Gino Bianco

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