Gaetano Salvemini - Come siamo andati in Libia

'' Come siamo andati in Libia" e altri scritti dal 1900 al 1915 "Ed il basso costo della mano d'opera araba aggraverà ancora piu le nostre condizioni nella concorrenza coi prodotti coloniali. E quando poi anche gli ultimi pochi contadini validi, risparmiatici dalla emigrazione americana, si saranno decisi ·ad abbandonare queste povere nostre terre per le pingui oasi nordafricane, a noi non rimarrà che grattarci l'epa e cantare alla luna i bei versi della ' Canzone d'oltremare ' del divino Gabriele: Dienai, Dienai, e il Signor Nostro Dienai, Die n 'aiti e il San Sepolcro!" Questi i brani piu salienti dell'articolo da noi pubblicato tre mesi or sono. E questo punto di vista, queste osservazioni han ricevuto l'approvazione dei più competenti. Tra gli altri il prof. Emanuele Sella, il valoroso economista dell'Università di Perugia, ci scriveva: " Ricevo il suo scritto sulla Tripolitania. Ella ha perfettamente ragione. Bisognerebbe fare in modo - almeno! - che la terra restasse in mano di famiglie di coloni meridionali e che non fosse accaparrata da pochi grandi speculatori del Nord. Agiti la quistionel Bisogna moltiplicare gli scritti su questo argomento ... " E noi siamo convinti appunto di far opera sanamente patriottica, insistendo su questi nostri concetti, anche prima che cessi il tripudio, il parossismo patriottico. In vero, ora che la nostra conquista della Tripolitania può ritenersi già un fatto quasi compiuto, del nostro Mezzogiorno può dirsi come di quel tale che non s'era accorto che andava camminando, ed era morto!. .. Si proprio cosi, in quanto noi siamo belli e imbottigliati, per adoperare una espressione guerresca di moda, tra il Nord d'Italia e la Tripolitania: siamo caduti, cioè, tra l'incudine ed il martello. Noi, non siamo aprioristicamente dei protezionisti, e molto meno degli accaniti protezionisti; ma da osservatori e studiosi imparziali, equanimi della realtà delle cose non possiamo non ritenere che le nuove condizioni, che risulteranno dall'annessione tripolitana all'attuale equilibrio dell'economia nazionale, meritano la maggiore considerazione del legislatore. L'Italia nostra, disgraziatamente, non è un paese a sviluppo, a progresso uniforme. Tra le condizioni economiche del Nord e quelle del Sud, numerosi e stridenti sono i contrasti; e questo diverso stato fra le due parti della nazione complica assai gravemente il nostro odierno problema coloniale e quindi il vecchio, diremmo quasi eterno, problema meridionale. Il Mezzogiorno infatti rimane sempre un paese eminentemente agricolo, per quanto si noti, qua e là, un lento risveglio industriale. Col nuovo stato di cose, mentre ci rimane sempre cosi difficile progredire industrialmente per la concorrenza vigorosa e facilmente trionfatrice, che le già sviluppate industrie dell'Alta Italia muovono alle nascenti e quindi deboli industrie meridionali e per l'esodo altresi verso la nuova colonia di capitali, d'iniziative, d'energie in genere, ci riuscirà d'altra parte non meno difficile progredire nell'esercizio dell'agricoltura, e per il rincaro dei capitali e della mano d'opera, e piu ancora per la vivace, energica concorrenza che ai nostri prodotti del suolo sarà presto fatta dalla coltivazione dei nuovi terreni conquistati. Non è forse eloquente e sufficiente, in materia, l'esempio, a noi piu vicino e recente, della Francia, nei rapporti con la Turchia e l'Algeria? Eppure la Francia, se non altro, disponeva di una esuberanza di capitali mobili, che piu poteva sospingerla e consigliarle la nuova colonizzazione!. .. Se lo sviluppo d'Italia fosse uniforme, e tutta l'Italia avesse superata, almeno nella massima parte delle sue provincie, la fase agricola e avesse raggiunta piu o meno completamente la fase industriale, il 'problema coloniale si presenterebbe ora a noi assai piu semplice e faciie. La madrepatria, col piu libero e vantaggioso accordo con le sue colonie manderebbe manufatti nei paesi coloniali dediti all'agricoltura, per ritirarne in cambio prodotti della terra: materie prime e materie alimentari. Invece, tenute presenti le disformi condizioni di sviluppo tra il Nord ed il Sud, 144 BibliotecaGino Bianco

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