Gaetano Salvemini - Come siamo andati in Libia

A proposito di Tripo~ie di Giolùti 1 Leggo solo oggi la Voce del 14 settembre, in cui l'Ambrosini rm domanda se io so " di fonte certa " che veramente il Banco di Roma sia andato a Tripoli senza nessuna intesa con gli uomini della Consulta. Eccomi a rispondergli quel tanto, che mi è lecito rispondere. Fino ad alcuni mesi or sono, io credevo, a somiglianza dell'Ambrosini, che il Banco di Roma fosse una specie di lunga mano - come si direbbe in linguaggio massonico - del nostro Governo. La mia opinione invece mi fu dichiarata priva di base da un uomo politico italiano, di grande ingegno, molto autorevole, che ha tenuto uffizi altissimi nella nostra amministrazione, e che è stato piu volte in predicato di andare al ministero degli Esteri. Debbo a lui l'affermazione esplicita, che il Banco di Roma è andato a Tripoli di sua iniziativa, a tutto suo rischio e pericolo, e che in questi ultimi tempi si è dato a minacciare sistematicamente il Governo italiano di cedere i suoi diritti a sudditi tedeschi e austriaci, se il Governo italiano non s'impegna a tutelare piu efficacemente (cioè con _laconquista militare) i diritti del Banco. Il nome della persona a cui debbo questa informazione, io non ho il diritto di pubblicarlo. E ora mi consenta l' Ambrosini una domanda: " In che modo spiega egli che il patriottismo dei clericali del Banco di Roma e del Corriere d'Italia venga fuori proprio in questo momento, e solo a proposito di Tripoli, e svanisca in tutte le occasioni?" "Gli a'.lionisti vogliono i buoni dividendi, e gli a~ministratori hanno il deivere di procurarH," dice l'Ambrosini; ed ha ragione. Ma, se non m'inganno, i ministri del Regno d'Italia . sono amministratori del Regno d'Italia, e non del Banco di Roma. E prima di andare a conquistare Tripoli, hanno il dovere di vedere se l'impresa è utile a tutti gli italiani, e non ai soli azionisti del Banco di Roma. Dobbiamo, dunque, rifiutare protezione agli interessi legittimi del Banco di Roma, perché gli azionisti di esso sono in prevalenza clericali? No, caro Ambrosini: questa iniquità io non l'ho mai detta né pensata. Noi abbiamo il dovere di tutelare gli interessi di tutti i nostri concittadini ' all'estero, a qualunque partit·o appartengano, anche se sono andati all'estero senza l'intesa del Governo. Ma questo non vuol dire che per ogni incidente, che succeda a un nostro concittadino in qualunque parte del mondo, noi si debba andare a conquist_are questa parte del mondo. E tanto meno vuol dire che un gruppo di privati debba avere la facoltà di trascinare il Governo del proprio paese in avventure dannose, quando ad essi pare e piace. Nella fattispecie, occorrerebbe prima di tutto sapere con precisione m 1 Pubblicato in "La Voce," a. III, n° 39, 28 settembre 1911, p. 660. [N.d.C.] 115 ·Btblioteca Gino Bianco

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