Gaetano Salvemini - Come siamo andati in Libia

Tripoli e Triplice * Dopo ciò, il carattere _della campagna antitripolina della Voce resta ben chiarito, ci sembra. Ma si obbietta ancora: "Voi volete che la Tripolitania e la Cirenaica cadano in ma~ d'altri." Questa conclusione non può trarsi in alcun modo da tutto ciò che sulla Voce si è stampato intorno alla questione. Per concludere cosi semplicisticamente dalle svariate premesse della complessa questione che noi siam venuti enumerando e studiando fin qui, bisogna aver la mente negata alla comprensione della realtà politica, bisogna ignorare tutte le complessità e tutte le distinzioni di cui essa consiste; bisogna p. es. non vedere tutto l'intervallo che separa una soluzione politica da una soluzione militare. I no~tri guerrafondai credono ingenuamente che l'occupazione di un paese risolva tutto; ed ignorano o dimenticano che talvolta la conquista militare lascia aperta e pendente la questione politica. Lo sappiamo ben noi che siamo entrati nella Triplice per risolvere politicamente una questione già risoluta militarmente (la questione romana). · Lo sa ·bene l'Austria-Ungheria che suscitò un uragano diplomati(:o allorché, tre anni fa, volle consolidare politicamente uno stato di fatto militare (Bosnia-Erzegovina). Nel caso poi della Tripolitania, la necessità in cui noi ci troveremo di escogitare un grande piano finanziario per la problematica messa in valore del paese, fa si che la soluzione, anche militare, della questione, costituisca per il momento niente piu che una semplice ipoteca su di un vasto territorio. Per trasformare quest'ipoteca in un reale possesso, bisognerà pr001ràrsi ingenti capitali (e necessariamente fuori di casa): bisognerà cioè affrontare un problema non soltanto finanziario ma politico, un problema che porterà a dover riesaminare la politica generale dell'Italia e la sua orientazione fra le varie potenze; poiché le grosse obbligazioni finanziarie portano di necessità contraccolpi politici notevoli. Siamo cosi sempre allo stesso punto: per fare strada sicura a Tripoli (se strada c'è da fare) bisogna rifarsi alla base della politica estera italiana e riprenderla in esame dalle fondamenta. E, a tal fine, è necessario che noi ci manteniamo nel pieno possesso delle nostre forze, morali e materiali. Vale a dire che, procrastinando una soluzione militare non perdiamo niente, dappoiché in realtà, con l'affrettarla, non guadagneremmo niente di solido e di sicuro. Tutto ciò, peraltro, non significa che non sia opportuno assicurare fin da ora una soluzione politica della questione. Ma quale? Non è il mestiere della Voce l'escogitarla o il proclamarla: basta affermarne la preferibilità alla soluzione militare, e la possibilità. Non mancheranno certo in Italia giornalisti e letterati " competenti " per t?gliere al ministro degli Esteri il peso di pensarci sopra. 101 Biblioteca Gino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==