Gaetano Salvemini - Come siamo andati in Libia

.• a Come siamo andati in Libia" e altri scritti dal 1900 al 1915 capitali e capacità amministrativa), di crear la.ggiu una colonia di popolamento. Ma i nazionalisti, quando voi gli presentate fatti e cifre, e tentate di costringerli ad una discussione concreta, fatta di competenza e di buona fede, vi rispondono coi tromboni imperialisti di marca Corradini, e continuano a dare ad intendere a chi ha voglia di bere grosso che, una volta installati a Tripoli con armi e bagaglio (armi molte, bagaglio poco), i nostri emigranti non dovranno piu riversarsi oltre Oceano, poiché ci sarà a due passi da casa una terra promessa da mutare in terra italiana. E cosi la discussione, la riflessione, l'esame accurato dei fatti - tutte queste cose noiose e poco poetiche, che non si lascian chiudere in periodi smaglianti e sonanti - i ·nazionalisti non le hanno volute a proposito di Tripoli: andremo a Tripoli, come andammo a Massaua con la testa nel sacco, senza sapere che cosa facciamo e perché lo facciamo - e questa sarà la prima manifestazione della politica estera italiana rinnovata ab imis fundamentis dal verbo nazionalista! Ma ora, dopo il periodo ornamentale della propaganda, è venuto il momento d'agire. Ed ecco che l'on. Torre prende la parola. L'uomo tipico della questione bosniaca viene oggi a dirci a tre anni di distanza, che l'Italia doveva insediarsi a Tripoli nel 1908- proprio al tempo della BosniaErzegovina quando egli era tutto intento a predicar la necessità di non muovere un pelo - e che, dato pure che la Tripolitania non rappresentasse per l'Italia un affare dal punto di vista economico, tuttavia la sua occupazione potrebbe costituire una necessità politica, alla quale non è possibile sottrarsi senza incorrere nel pericolo di gravi danni futuri. Infatti la Tripolitania., in mano d'altri, stgnerebbe una ulteriore diminuzione della potenza politica dell'Italia nel Mediterraneo; mentre in mano nostra significa un aumento di potenza, il quale, congiunto al mancato aumento della potenza altrui che non potrà mai piu verificarsi, costituisce un vantaggio cosi notevole ch'è indispensabile afferrarlo subito, ora che l'occasione si presenta. Messa da parte la leggenda disonesta della " colonia di popolamento," e posta la questione sul terreno politico, vi sono varie cose da osservare. Il Torre) e molti altri degli improvvisi convertiti all'impresa tripolina, non le hanno presenti, ·o almeno non le fanno presenti ai loro lettori. I vantaggi politici e militari che noi dovremmo assicurarci con la occupazione di Tripoli, è chiaro che non debbono trovarsi in contrasto coi postulati fondamentali della politica estera italiana: che altrimenti cesserebbero dall'essere vantaggi e si muterebbero in perdite reali. Ora l'Italia se ha interessi politici in Tripolitania, non ne ha però in Tripolitania soltanto, ne ha anche altrove: p. es. nella penisola balcanica. E l'insieme degli interessi politici italiani non può esser tutelato se non con un razionale sistema di rapporti internazionali: sistema che è oggi quello della Triplice Alleanza e che domani potrebbe essere un altro. Siamo anzi alla vigilia di dover decidere se debba restar lo stesso, o se debba mutarsi 1n un altro. E per 96 BibliotecaGino Bianco

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