Gaetano Salvemini - Come siamo andati in Libia

" Come siamo andati in Libia" e al.tri scritti dal 1900 al 1915 sione alla Lombardia. e al Veneto; e la produzione bosniaca era monopolizzata dal capitalismo austrjaco: e chi conosce la necessità che noi abbiamo del legname della Bosnia e la funzione che esso esercita a nostr_o danno nelle trattative commerciali fra noi e l'Austria, comprenderà il valore di questo fatto. L'Italia, purtroppo, nel 1878 non seppe e forse non poteva farsi valere meglio. E dové sottoscrivere anch'essa il Trattato di Berlino. Ma sottoscrisse a un'occupazione ed amministrazione, che per lo meno non era l'annessione definitiva. E questo carattere di provvisorietà fu opposto a chi in nome dell'Italia chiedeva compensi che ristabilissero almeno in parte l'equilibrio. E contro quella "umiliante" provvisorietà protestarono energicamente molti uomini politici e giornali quotidiani in Austria. Ed ecco che vent'anni dopo, mentre vige un trattato fra l'Austria e l'Italia, che garantisce ad entrambe lo statu quo nei Balcani - e la Bosnia è stata sempre considerata come terra balcanica - l'Austria si annette definitivamente la Bosnia, senza neanche dire un crepa al ministro degli Esteri italiano, per il quale - sono parole del Vivante - questa poteva essere "una felice congiuntura per riparare in parte ai danni del Trattato di Berlino"; e questo ministro, invece di dichiararsi lealmente ingannato e protestare, proclama che l'Austria ha fatto quel che doveva e che lui sa quel che faceva! • Ora, noi abbiamo protestato contro la slealtà dell'Austria, che aveva ingannato il nostro ministro degli Esteri, e contro la leggerezza di questo ministro, che non solo s'era lasciato ingannare - il che può capitare a chiunque - ma poi aveva voluto anche fare il furbo. Abbiamo affermato che l'Austria non deve trattare il nostro paese come si tratta uno sguattero. Abbiamo detto che il disprezzo brutale dimostrato dall'Austria contro di noi in questa circostanza faceva assai dubitare delle sue intenzioni avvenire. E abbiamo affermato che un pegno di leale amicizia era di venuto necessario verso il nostro paese da parte del Governo austriaco: e questo pegno non poteva essere che l'autonomia amministrativa del Trentino e l'università italiana a Trieste. Gli ufficiosi tittoniani ci derisero. Il Governo austriaco disse agli studenti italiani che non lo seccassero. I socialisti dell'Austria ci rimproverarono perché rompevamo... l'Internazionale. Dopo i tumulti di Vienna, l'on. Tittoni dice una parolina all'Austria per l'università; e il dott. Adler, a nome dei socialisti dell'Austria, proclama alla Camera di Vienna che si deve istituire l'università. Tutto è bene ciò che ben finisce. Ma ci deve essere lecito dire che, se tutti si fossero mossi a tempo, come si mosse il nostro Bissolati, per evitare il male imminente, i tumulti di Vienna non si sarebbero avuti, e i rapporti italo-austriaci sarebbero oggi piu facili. Noi abbiamo fatto il nostro dovere e non abbiamo nulla da rimproverarci. Tacere, come han fatto i socialisti dell'Austria, non pote- · vamo. Perché il silenzio e l'inerzia, se per essi significavano acquiescenza ad un atto di altera e sleale brutalità compiuta dal loro Governo, non solo verso un ministro estero poco abile, ma anche contro un intero popolo; in 82 BibliotecaGino Bianco

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