Gaetano Salvemini - Stato e Chiesa in Italia

I precedenti Il quesito fu proposto a Roma; ma il papa questa volta stette zitto, perché la domanda era troppo imbarazzante. Rispose... un cardinale: il cardinal Zigliara, il quale si dichiarò contrario al salario familiare. Un car– dinale è certo una persona autorevolissima; ma non è come il papa, che con una parola mette fine a tutte le discussioni. Anche dopo il responso del Zigliara si aveva il diritto di discutere. E si continuò a discutere fra il salario personale e il familiare. Non basta: l'operaio frugale e ben costumato non ha il solo bisogno di metter su famiglia. Il Garnier, per esempio, voleva che nel salario entrasse: 1) ciò che è necessario all'operaio per vivere nella condizione in cui si tro– va; 2) ciò che gli è necessario per la conservazione e rinnovazione dei suoi utensili; 3) ciò che gli potrà occorrere per il riscatto del capitale impiegato per lui dai suoi genitori, che è quanto dire quanto basti per alimentare "il figlio" che dovrà sostituirlo nella società, "posto che la sua compagna basti a se stessa" (e se non basta?); 4) ciò che basti a costituire una riserva, che assicuri l'operaio nei giorni della vecchiezza impotente; 5) quanto gli possa permettere di aumentare la sua famiglia, migliorare la sua condizione ed alimentare i genitori cadenti. L'Engel voleva invece che nel fissare il sala– rio si calcolasse: 1) la ricostruzione del capitale di formazione (allevamento, educazione ed istruzione), impiegato nel periodo di giovinezza e di tiro– cinio; 2) la conservazione e il mantenimento della vita e delle forze di la– voro durante il periodo di lavoro; 3) la conservazione della vita nella vec– chiaia; 4) le spese necessarie... alle sepoltura. Allora non restava piu nulla a1 poveri padroni! Messa la cosa su questo piede - diceva il signor Ciro dei marchesi de Luca - si finisce, senza la scorta di giusti criteri, per cadere nella esagerazione, trascorrendo facilmente nella teoria socialistica, che pretende di attribuire la totalità del reddito della produzione al solo lavoratore, dimenticando addirittura gli altri fattori della produ– zione, i quali, ciascuno nei propri limiti, reclamano giustamente la rispettiva retri– buzione. Non prendiamo, dunque, come criterio i bisogni dell'operaio - dice– vano allora il Théry e il marchese De Luca -: seguiamo la teoria di san Tommaso, e stabiliamo che il salario debba essere eguale al lavoro prodot– to. Ma come si fa a misurare in mercede il valore del lavoro? e chi farà la misura, il padrone o l'operaio? Anche i socialisti sostengono che l'operaio deve farsi pagare tutto il suo lavoro. Eppoi, se un uomo, pur lavorando per quanto lo comportano le sue forze, non riesce a produr tanto da soddisfare colla mercede i suoi bisogni, dovrà senza colpa soffrire la fame? Ed ecco che, mentre gli uni erano spinti verso la teoria socialista dei bisogni, gli altri cadevano nella teoria liberale della merce-lavoro. Vole– vano introdurre nel mondo la giustizia; ma quando si trattava di deter– minare che cosa fosse la giustizia, si dividevano subito in democratici e in conservatori. 53 BibliotecaGino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=