Gaetano Salvemini - Stato e Chiesa in Italia

./l partito popolare e la questione romana clini al socialismo rivoluzionario, assumeva spesso inaspettati atteggia– menti socialistoidi, e faceva uso volentieri di un frasario stranamente rivoluzionario. Nella teoria astratta, certo, non aveva nulla di socialista. La. lotta di classe era condannata come la negazione della carità cristiana e come resultato del liberalismo, che aveva scacciato lo spirito cristiano dalla società: eliminata la corruzione liberale, ristabilito il predominio dello spi– rito cristiano, la lotta sarebbe scomparsa, e l'armonia fra capitale e lavoro sarebbe divenuta la nuova formula della vita sociale.2 Noi a base del nostro sistema politico economico - diceva un opuscolo del 1894 - poniamo non un sistema scientifico o un postulato dottrinario, ma un al– tissimo principio che tutti vincola a un modo, quello della giustizia, quale Cristo in– segnò al mondo e quale la Chiesa cattolica sempre affermò nelle sue norme e nelle sue consuetudini. Giustizia nei rapporti dello Stato coi cittadini, del capitale col lavoro, del lavoro col capitale, delle classi superiori colle inferiori, dei singoli tra loro [...]. Urge proclamare che la legge del dovere cristiano deve imperare sovrana sovra tutte le classi, senza distinzione; e che tal legge nei rispetti economici si traduce nella legge del lavoro, da cui non rimane assolto alcuno, se non per sostituirvi altre forme di attività piu elevata e proficua all'universale. 3 Giustizia, dunque, in tutti i rapporti sociali. Ma che cosa è la giusti– zia, per esempio, nel rapporto sociale del salario? L'economia liberale, astraendo dal giusto e dall'ingiusto, dichiara che il salario del lavoro è una merce, il cui prezzo dipende dal rapporto fra la offerta e la domanda. La teoria socialista riconosce anch'essa che il prezzo del lavoro è determinato dall'offerta e dalla domanda, e dice all'operaio: riunisciti coi tuoi compa– gni di mestiere, limita l'offerta con la forza della organizzazione di classe, e cerca di ottenere con la lotta di classe condizioni di lavoro sempre mi– gliori. La democrazia cattolica non accettava la lotta predicata dai socialisti, ma rifiutava anche di considerare il lavoro come una semplice merce. Con– siderava il lavoro come un "fatto morale": e nel fissare il salario, affermava che il capitalista ha il dovere di tenere conto della personalità morale del salariato. Ma come fare a tenerne conto? Il papa in persona proclamava nella enciclica De conditione opificum: "Il quantitativo della mercede non deve essere inferiore al sostentamento dell'operaio, frugale, s'intende, e ben costumato." Ma chi è l'operaio fru– gale e ben costumato? Può bere un bicchiere di vino questo operaio ideale? Ha il diritto di andare al teatro? E quando si dice che il salario deve ba– stare al nutrimento dell'operaio, s'intende dell'operaio solo, o dell'operaio unito in matrimonio? Il salario deve essere personale o familiare? 4 2 Il resto del paragrafo è una rielaborazione del cap. V de L'avvenire del partito cattolico (pp. 22-29 di questo volume, alle quali rinvio per le note del curatore). [N.d.C.] 3 Il programma di Milano. I cattolici di fronte ai socialisti. Testo e commento ad uso del popolo, Torino, tip. Celanza, 1894, pp. 11, 21. 4 Si vedano a questo proposito gli articoli di monsignor TALAMO, La questione sociale e i cattolici; e CIRO DEI MARCHESI DE LucA, La retribuzione del lavoro, in "Rivista internazionale di scienze sociali e discipline ausiliarie," febbraio e maggio 1896. 52 BibliotecaGino Bianco

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