Gaetano Salvemini - Stato e Chiesa in Italia

L'avvenire del partito cattolico tor Mussi non avesse lasciato trascorrere invano i famosi cinque minuti; 2 e supponiamo che i partiti sovversivi, questa marmaglia senza Dio e sen– za patria, buttatasi a smantellare tutto ciò che è smantellabile, fossero riu– sciti vincitori contro la causa dell'ordine e dei poteri legittimamente costi– tuiti. Che cosa ne sarebbe segufto? I vincitori avrebbero impiantato un governo provvisorio; avrebbero proclamato a tutto il mondo che una nuova èra si apriva nella storia; avrebbero, con una serie di decreti, proclamato il diritto al lavoro, la pace universale, il progresso indefinito, il pane gratuito, ecc., ecc.; e intanto si sarebbero preparate le elezioni per la costituente. In queste elezioni, natural– mente a suffragio universale, avremmo avuto contro ai socialisti e ai re– pubblicani, installati nel governo provvisorio, la discesa del "grande eserci– to di riserva cattolico": contadini e piccoli proprietari catechizzati dai pre– ti (sono milioni); buona parte della piccola borghesia cittadina e della bas– sa burocrazia, già conquistata dai preti. In questa lotta fra clericalismo e rivoluzione, è facile capire la posizione che avrebbero preso le altre classi sociali: tutta la borghesia prima liberale, seguendo il precetto "chi muore giace e chi vive si dà pace," avrebbe voltato le spalle al passato; e, per conservare i suoi ben acquistati possessi, avrebbe votato in massa per i cle– ricali, trascinando dietro di sé tutto il proletariato incosciente che dipende da lei; una grandissima parte degli stessi repubblicani, spaventati dalla re– pubblica rossa, avrebbero votato per la repubblica nera: tanto l'importante è che ci sia la repubblica I E, alla resa dei conti, avremmo avuto una costi– tuente in gran maggioranza di clericali, rappresentanti questa volta tutta la borghesia riunita in fascio; e, nella minoranza, avremmo avuto un mani– polo socialista e pochi radicali dottrinari e pochissimi anticlericali arrabbia– ti, pei quali la soluzione dei problemi sociali consiste solo nel gridare: Vi- va Giordano Bruno I , Che le cose sarebbero andate a questo modo, mi pare indiscutibile. Anche in Francia, nel 1848, il proletariato - non certo piu debole del– l'attuale proletariato italiano - si trovava a combattere contro uno stato dominato da una banda spregevole di affaristi, borsisti, appaltatori ladri, ministri e deputati corrotti; anche allora l'industria poco sviluppata mar– ciava nell'opposizione ufficiale, e il clero e buona parte della aristocrazia fondiaria guardavano in cagnesco il governo orleanese. Anche allora la cri– si nei prezzi del grano... cioè delle patate, fu l'ultima spinta all'insurrezio– ne. E nelle giornate di febbraio il proletariato dové penare poco a mandar per aria tutto quello sfasciume, e abbattendo un trono credé di aver spez- 2 Allusione al titolo ("I cinque minuti dell'on. Mussi") di una sarcastica corrispondenza romana a "L'Italia del popolo," Milano, 8-9 marzo 1896, divenuto proverbiale per deplorare !'"occasione perduta," sul piano parlamentare, dall'Estrema sinistra dopo la sconfitta di Adua. Nella brevissima seduta della Camera dei deputati del 5 marzo 1896, appena Crispi ebbe annun– ciato le dimissioni del suo governo, che restava in carica "per il mantenimento dell'ordine," il presidente della Camera dichiarò immediatamente sciolta la seduta, suscitando le reazioni dei deputati socialisti e repubblicani, che invano cercarono di convincere il radicale Giuseppe Mussi (1836-1904), già vice-presidente della Camera stessa, a salire sul banco della presidenza perché fosse discussa una mozione, che portava anche la sua firma, la quale chiedeva il ritiro delle truppe dall'Africa e l'incriminazione del governo. [N._d.C.] 12 B1bliotecaGino Bianco

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