Gaetano Salvemini - Stato e Chiesa in Italia

Guerra di preposizioni L'Osservatore romano, beato lui, ha la certezza della infallibilità. Perciò non ammette la libertà dell'errore. Ammette la sola libertà dall'errore. Cioè nega la libertà dell'errore a chi non la pensa come la pensa Pio XII sulle materie che Pio XII rivendica al suo magistero. Sopprimendo la libertà del– l'errore, proclama la libertà dall'errore; negando la libertà dell'errore, di– strugge la libertà. Gli argomenti in base ai quali Pio XII, l'Osservatore romano e il prof. Gedda negano la libertà dell'errore sono ben noti: sono gli argomenti di chiunque si ritiene infallibile, quale che sia la sorgente della infallibilità. Uno merita di essere ripescato dalla filastrocca dell'Osservatore romano. La Chiesa "deve difendere la dottrina rivelata che il suo Fondatore le ha affi– dato come un sacro deposito, impedire che nell'anima dei fedeli venga oscurata la luce di Dio [ ...] . [Anche i miscredenti,] se vogliono essere onesti e sinceri, non possono non riconoscere la legittimità e l'opportunità del suo intervento per richiamare l'attenzione di tutti su quelle norme fondamentali che, prima ancora di rispondere alle supreme esigenze della fede cristiana, sono dettami della legge naturale, che impone ad ogni coscienza di evitare tutto ciò che può compromettere il bene spirituale proprio e altrui." Chiunque si crede infallibile ritiene che chi non è d'accordo con le proprie infallibilità non può essere che disonesto e insincero. Da questa certezza nasce "la legittimità dell'intervento per richiamare l'attenzione" ecc. Ma che specie di "intervento"? L'intervento affidato alla persuasione intel– lettuale, o l'intervento affidato alla repressione giuridica guidata dagli infalli– bili? Libertà intellettuale dell'errore, o libertà giuridica dall'errore? Nell'articolo dell'Osservatore romano, il lettore trova rimescolati insieme i libri lascivi ed osceni con quelli che propugnano l'eresia, i libri degli acattolici che trattano argomenti religiosi, i libri che difendono errori condan– nati dalla Santa Sede, i libri ed i giornali "che sostengono la dottrina e la prassi del comunismo." È una rimescolanza fatta con assai scarsa buona fede. Sulla necessità di vietare, anche giuridicamente, la stampa lasciva ed oscena, tutti, di qualunque confessione religiosa o areligiosa, sono d'accor– do, salvo a discutere sui metodi e sui limiti di quell'intervento, dato che per ogni prete e frate ossessionato dai divieti sessuali qualunque gam– ba di donna è lasciva ed oscena. Il problema è costituito dalle pub– blicazioni non lascive ed oscene. Nessuno nega alle autorità ecclesia– stiche il diritto di pubblicare tutti gli indici di libri che esse credono di proibire, e rifiutare l'assoluzione, e colpire con la scomunica chi non tiene conto di quegli indici. Ma la proibizione deve assumere anche forma giuridica? Cioè deve essere imposta per mezzo di una censura pre– ventiva e di repressioni affidate alla Celere? Su questo punto l'Osservatore romano tace. Sarebbe desiderabile che si sbottonasse, come dicono a Napoli, "nu pocoriello." 443 BibliotecaGinoBianco

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