Gaetano Salvemini - Stato e Chiesa in Italia

Cattolicismo e democrazia e Ferrari dichiarerebbero di insistere nel loro atteggiamento? E in questa ipotesi, quale previsione fa Ferrari? Il nuovo partito acquisterebbe la maggio– ranza dei cattolici italiani, o rimarrebbe solamente il partito di quattro gatti? Se ~i mi risponde... come io vorrei mi rispondesse, io pur insistendo sulla mia affermazione che nel passato la politica di Pio XI è stata la reale politica cattolica e quella di Ferrari è stata una pretesa politica cattolica, consentirei con la· sua affermazione che una politica democratica fatta da cattolici - poco importa se disapprovati o no dal papa - sarà forse pos– sibile in avvenire. Ma se Lei mi risponderà nell'altro senso, io continuerò a ripetere che la politica di Ferrari è destinata a rimanere pretesa politica cattolica per tutta l'eternità - cioè velleità di pochi generosi isolati -_ mentre la politica di Pio XI sarà sempre la vera politica cattolica della gerarchia ecclesiastica e delle organizzazioni riconosciute come cattoliche dalla gerarchia ecclesiastica. Due altri punti concreti mi restano da chiarire. Ella riconosce che nel luglio 1923, don Sturzo, dimettendosi, "avrebbe voluto che il suo successore laico compisse ciò che, in quel momento, egli non riteneva realizzabile da un prete": i corsivi sono suoi. Dunque Ella ammette che un prete è legato da speciali doveri di obbedienza verso il papa, superiori a quelli dei laici. Me la saluta allora la democrazia di don Sturzo, tenuta colle dande dai papi: democrazia che cammina quando Benedetto XV allenta il freno, e si ferma quando Pio XI tira le redini? Che don Sturzo credesse di poter fare della democrazia - cioè non delle riforme in aiuto della povera gente, ma della politica di classi popolari autonome - prima del luglio 1923, è legittimo: che egli creda anche dopo il luglio 1923 che gli sia possibile fare politica democratica, mi pare assurdo: posso spiegarlo solamente - dato il carattere moralmente bello di don Sturzo - con la circostanza che la illusione è l'ultima a morire nel cuore dell'uomo. Che don Sturzo abbia pensato di trasformare la sua sconfitta personale in punto di partenza di una nuova offensiva, e che non sia stato secondato da De Gasperi e C. 1 dimostra due cose: 1°) che don Sturzo è quell'uomo di valore non solo morale, ma anche intellettuale, che tutti sappiamo; 2°) che De Gasperi e C. 1 erano quello che erano. Ma ciò non toglie che don Sturzo fu costretto a dimettersi, mentre lasciato libero a se stesso (demo– crazia.) non si sarebbe dimesso. Ciò non toglie che, anche nel compiere il suo dovere di obbedienza sacerdotale, egli senti un altro dovere: quello di non obbligare il papa· ad assumersi la responsabilità di dare un ordine esplicito; perciò si dimise prima che quest'ordine esplicito arrivasse e senza spiegar chiaro al suo partito, come era suo dovere politico, che egli si dimet– teva sia perché aveva ricevuto implicitamente dal papa il suggerimento di dimettersi, sia perché non osava sfidare un biasimo esplicito, che secondo ogni ragionevole previsione si addensava all'orizzonte. Questo, caro Ferrari, è il punto, e non quello che De Gasperi e C. 1 fecero, o meglio non fecero, dopo che il fattaccio si era prodotto. E non dimentichi, La prego, che don Sturzo, nell'autunno del 1924, fu costretto a lasciare l'Italia e andar- 380 BibliotecaGino Bianco

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