Gaetano Salvemini - Stato e Chiesa in Italia

Prefazione tro quel fanatismo). " 84 Negli anni cinquanta, malgrado la costituzione ga– rantisse a tutti il "diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma," di "farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume," questo e altri articoli' venivano sistematicamente calpestati dalla polizia e da alcuni membri della magistratura, che persistevano a considerare in vigore "una legislazione che Mussolini concesse a Pio Xl per ottenerne in compenso il favoreggiamento, e i costituenti del 1946 lasciarono intatta." A "tirare i fili" di quella odiosa persecuzione erano "uomJni in sottana, magari pavonazza, e magari addirittura rossa, per non dire bianca." Ma di essa si rendevano complici anche i partiti "laici" alleati della Democra– zia cristiana>per i quali "l'int'zio e la fine di' ogni sapienza politica" si erano ridotti "ad aver paura dei comunisti." "Quando un socialista demo– cratico non si distingue piu da un democratico-cristiano se non per i'l fatto che questo va a messa e lui no, è chi'aro che chi va a messa è piu degno di rispetto che chi non ci va." Né un democrati'co né un socialista possono barattare "l'anima" con una qualsi·asi promessa di "apertura sociale." "La libertà è indivisibile": se oggi si nega ai cosiddetti "tremolanti" "il diritto di tremolare," che ne sarà domani del nostro "diritto di non tremolare"? "L'anima, noi non intendiamo darla a nessuno, cioè rimant'amo fedeli a quei poveri tremolanti," che sono il "proletari'ato del protestantesimo ita– liano e proletari'ato prevalentemente meridi'onale: i piu brutalmente per– seguùati fra tutti· i protestanti italt'ani." Quegli anni - gli anni di papa Pacelli e del cardi"naleOttaviani, di Gedda e di Scelba, dell'incontrastata egemonia clericale·e del centrismo - sembrano oggi lontanissimi. Vi sono stati', i'nattesi e sconvolgenti, il pon– ti'ficato di Giovanni XXIII e il concilio Vaticano Il, che ha ammesso la "lt'bertà religiosa," sconfessando t'l Sillabo e molte fra le "dottrine dei ca– nonisti" e le inizi'ative polùichè dei papi, che avevano suscitato la repul– sione intellettuale e morale del nostro autore. Chi ri'costruirà il sotterraneo preludi'o di questa rivoluzione, dovrà forse attribui'rne parte del merito anche alla fede costante nella libertà "una e indivisibile" dei "laici" come lui, e agli stimoli contagiosi del loro pensiero. Salvemini, comunque, avreb– be assistito con gioia sincera al nuovo corso della Chiesa cattolica, preco– nizzato dal suo amico Ferrari. Ma, se fosse ancora fra noi, lo troveremmo certamente impegnato a denunciare, con la sua logica implacabile, i troppi "equivoci" che tuttora permangono. Primi fra tutti, nel campo dei prz·ndpi l'i·nconciliabilità della democrazi'a col cattolicesimo gerarchico e autorùario, impersonato da "un dittatore," il papa, e dai "suoi aiutanti"; e, sul terreno delle relazioni fra Stato e Chi'esa,il concordato di Pio Xl e di Mussolini': una vergogna di cui· si deve esigere, "senza tante storie," "l'aboli'zi'one im- d . ,, me tata. ' Elio Conti &4 Ibidem, p. 457. Le altre citazioni sono tratte dalle pp. 457, 459, 460, 456, 470, 461, 462. XXXVII BibliotecaGino Bianco

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