Gaetano Salvemini - Stato e Chiesa in Italia

La prima disfatta della democrazia cristiana in Italia contrasto fra le "parole" della Rerum novarum e il "contenuto" della Graves de communi. Ma il punto da discutere è se ci fu contrasto fra quel movi– mento democratico cristiano, che la Rerum novarum sembrò incoraggiare, e la Graves de communi che lo strangolò. Il padre Lecanuet, dopo aver dato in eccellente sunto le idee dei democratici cristiani francesi - sunto che comincia con le parole: "La democrazia, cioè il regime politico del governo dello stato per il popolo stesso o per mezzo di rappresentanti da lui eletti " 13 - ci fa· sapere che, secondo la Graves de communi, la democra– zia cristiana "non deve significare altro che questa benefica azione cristiana in favore del popolo," e che Leone XIII raccomandava i segretariati del popolo (per aiutare nelle loro pratiche gli "ignoranti"), le casse rurali di credito, i circoli di studio, le società di beneficenza e simili, ma non le organizzazioni per la difesa economica e per le conquiste politiche. 14 E af– ferma che la Graves de communi dette alla democrazia cristiana "la piu alta delle consacrazioni" ;' 5 ma i democratici cristiani francesi, "benché di– sorientati e un po' scoraggiati, si inchinarono e si sottomisero. " 16 Perché sarebbero stati disorientati e scoraggiati da quella cos1 alta "consacrazione" della loro democrazia? 17 Se i democratici cristiani non avessero voluto capire che la defini– zione di Leone XIII mirava appunto a strangolare la loro democrazia, lo avrebbero dovuto capire osservando che nella stessa enciclica Graves de communi Leone XIII ordinò che tutte le forme di "azione cristiana popola– re" si sottomettessero in ciascuna diocesi al controllo dei vescovi, assistiti dall'" Opera dei congressi." La presidenza centrale di quest'" Opera," istituita nel 1872 da Pio IX per coordinare le attività politiche e sociali dei cattolici italiani, era tenuta da barbassori annosi, che non avevano nessuna simpa– tia per nessuna democrazia, cristiana o non cristiana che fosse. Sottoponendo ai vescovi e ai barbassori di quell'" Opera" il movimento democratico cristiano italiano, Leone XIII lo sopprimeva di fatto, non ne lasciava in circolazione che il nome, dopo averlo debitamente sterilizzato. Saturno di– vorava. i suoi figli. Messi innanzi al bivio: obbedire al papa, cioè mettersi d'accordo con le classi che "godono di maggiore autorità," oppure continuare nell'azione da lui condannata, cioè ribellarglisi, i democratici cristiani tentarono di ri- 13 La vie de l'Eglise sous Léon XIII, cit., pp. 610 sgg. t4 Ibid., pp. 653-55. 15 Ibid., p. 652. 16 Ibid., p. 654. ~7 A furia di ripetersi la stessa versione, si finisce sempre col trovare chi, anche fuori del proprio campo, la inghiotte senza sospetto. Nessuna meraviglia perciò se G. VOLPE, Italia moder– na, Firenze, Sansoni, vol. II, 1949, p. 12, dirà che Leone XIII, nella Graves de communi, fece sua, "consacrandola, una formula fino allora assai discussa, da alcuni piuttosto male accetta e da altri per molti anni rifiutata, cioè 'Democrazia cristiana,' pur togliendole ogni significato politico, escludendo che potesse indicar preferenze per questa o quella forma di governo": quasi che si pos– sa dare a parole, che hanno un significato tradizionale, un significato del tutto opposto al lin– guaggio tradizionale, e affermare che cosi si accetta una formula "assai discussa. 11 Chi non si è lasciato mettere dentro, è stato L. SALVATORELLI, Stato e Chiesa nel secolo XIX, in "Ricerche religiose, 11 dicembre 1948, p. 223. 358 BibliotecaGino Bianco

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