Gaetano Salvemini - Stato e Chiesa in Italia

L'enciclica "Graves de communi" In Italia le cose andavano peggio che in Francia. Quei giovani, che scendevano a contrastare il terreno ai socialisti, si allontanavano sempre piu dalle idee dei cattolici conservatori e di... Leone XIII. [... ]4 Le classi ricche e specialmente i proprietari di terre, che vedevano i loro contadini pervertiti dalla propaganda democratica cristiana, erano spa– ventati ed esasperati da siffatta nuova diavoleria. Una religione che non ser– viva piu come "oppio per il popolo," non era piu "la loro religione." I ·· vescovi, quasi tutti solenni personaggi educati nelle idee del buon tempo antico, non sapevano come tenere a freno quella gioventu, che parlava un linguaggio per essi spaventoso. I lamenti arrivarono fino al papa. La parola "democrazia" ben presto fu come il cencio rosso agitato innanzi agli occhi del toro. E qualcuno cominciò a correre ai ripari, di– mostrando ai cattolici conservatori spaventati che quella parola, dopo tutto, non era dinamite. Il Toniolo, nel luglio 1897, nella Rivista internazionale di scienze sociali, spiegò che la democrazia è giust'appunto quell'ordine so– ciale in cui tutte le forze cooperano al bene comune, con ultimo resultato il piu grande vantaggio delle classi inferiori; nessuna differenza, quindi, fra democrazia e cristianesimo; il cattolicismo non è che la sintesi dell'una e dell'altro. Governo, dunque, per il popolo, non governo del popolo: una democra~ia - se si deve stare al significato non artefatto della parola - che non è piu democrazia politica, ma giustizia e carità che discende dalle classi superiori verso le classi inferiori. Siccome tutti i regimi politici pro– fessano di affaticarsi per il popolo, e nessuno riconoscerà mai di operare contro il popolo, ne sarebbe conseguito che qualunque regime politico, anche una monarchia assoluta, era democrazia. I cattolici conservatori non si contentavano neanche di questa nuova definizione. Nella riunione dell'Opera dei congressi tenuta a Milano nel set– tembre 1897, domandarono senz'altro che la parola fosse bandita. I democratici continuarono per la loro strada. E nel gennaio 1898 il loro leader, Romolo Murri, iniziò la pubblicazione di un quindicinale, Cul– tura sociale, che voleva essere un contraltare alla socialista Critica sociale diretta da Filippo Turati, ed era scritto con non minore vitalità e moltepli– cità di interessi. Nel maggio del 1898 scoppiarono in molte città italiane tumulti gravi per l'eccessivo prezzo del pane. Il governo credé ad una alleanza fra i repubblicani, socialisti e cattolici per promuovere una rivoluzione. Procla– mò lo stato d'assedio: arrestò, processò e condannò tutti assieme, a pene gravissime, cattolici e anticattolici; sciolse 5000 associazioni cattoliche; soppresse parecchi giornali cattolici; e fece processare e condannare il batta– gliero prete,5 che dirigeva il quotidiano cristiano-democratico di Milano. ♦ Segue a questo punto (con la cappella: "L'uomo che fu in quegli anni il leader dei demo– cratici cristiani italiani, Romolo Murri, ha scritto") una citazione già riportata in Stato e Chiesa in Italia da Pio IX a Pio XI, pp. 141-42. [N.d.C.] s Don Davide Albertario, direttore dell"'Osservatore cattolico." [N.d.C.] 355 BLblioteca Gino Bianco

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